Davanti alla sfida della natalità in calo, la scuola come sistema di istruzione è chiamata ad allargare il suo approccio strategico. Il rapporto INAPP
Lavoro e formazione. Necessario un cambio di paradigma è il titolo del Rapporto annuale (2024) dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (INAPP) da poco pubblicato. Lo studio ci restituisce un panorama articolato del dialogo tra formazione e mercato del lavoro con uno sguardo che non si ferma alle politiche attuate dal ministero del Lavoro, da cui l’INAPP è vigilato, ma si spinge a includere le politiche del ministero dell’Istruzione e quelle del ministero dell’Università.
È questo uno dei tanti pregi del Rapporto, che ci consente subito di esplicitare l’idea che ci muove: nessuna politica educativa può oggi nascere senza la stretta collaborazione istituzionale almeno dei tre ministeri citati. Ciò è tanto più vero in una società che deve affrontare la sfida epocale dell’inverno demografico.
Uno dei temi al centro del Rapporto è proprio la transizione demografica segnata dall’invecchiamento della popolazione e, allo stesso tempo, dalla riduzione dei giovani in età lavorativa. Gli impatti di questo fenomeno sono, con tutta evidenza, rilevantissimi sui servizi sanitari e assistenziali, sull’istruzione e sul mercato del lavoro, e impongono, come sottolineato dal Rapporto, nuove politiche orientate all’invecchiamento attivo.
Così lo studio analizza un tema ancora troppo poco affrontato nel dibattito pubblico e poco considerato dagli stessi attori economici. In effetti i dati INAPP sottolineano che nel 96% delle PMI le esigenze dei lavoratori over 50 non sono state finora oggetto di negoziazione con il sindacato.
In questo contesto, uno degli obiettivi che l’offerta formativa del sistema Paese secondo INAPP dovrebbe porsi è mantenere elevata l’occupabilità dei lavoratori in età avanzata e far fronte alla crescente obsolescenza delle competenze già acquisite. Ciò anche in virtù del fatto che in Italia abbiamo una percentuale assai alta di lavoratori che vivono la seconda stagione della loro carriera, avendo la metà della forza lavoro più di 45 anni.
Tuttavia, il tema dell’age management non risulta ancora essere al centro di politiche specifiche, anche se un passo avanti in questa direzione è stato compiuto dalla legge n. 33 del 2023, che ha previsto l’implementazione di un Piano per l’invecchiamento attivo.
Uno degli elementi che consentono di affrontare la sfida demografica, ponendosi nella prospettiva del life course approach, è l’aumento dei livelli di partecipazione degli adulti alle attività di apprendimento. Sul tema l’INAPP evidenzia alcuni segnali incoraggianti: nel 2023, l’11,6% della popolazione in età lavorativa compresa tra i 25 e i 64 anni ha partecipato ad attività di istruzione e formazione, con una crescita di due punti percentuali rispetto all’anno precedente. È il dato più alto degli ultimi 15 anni.
In questo quadro complesso l’istruzione degli adulti, che nell’ambito del ministero dell’Istruzione si avvale dei CPIA (Centri provinciali per l’istruzione degli adulti) e dei percorsi di secondo livello incardinati nelle scuole secondarie di secondo grado, è chiamata ad un cambio di passo per contribuire ad adeguare le competenze degli adulti nelle transizioni lavorative, ad esempio inserendo nella propria offerta formativa percorsi di micro-learning che diano come esito l’acquisizione di micro-credenziali, ormai riconosciute dalla letteratura scientifica come cruciali per l’apprendimento in età adulta e per l’invecchiamento attivo.
Più in generale, sulla scia dell’idea di fondo del Rapporto INAPP, la collaborazione tra i diversi attori dell’apprendimento permanente (CPIA, Programma GOL, Fondi interprofessionali, ecc.) non può che moltiplicarsi, partendo dagli elementi comuni.
In particolare, pensiamo al notevole avanzamento effettuato negli ultimi anni, anche grazie al successo del Programma Garanzia di occupabilità dei lavoratori (GOL), sul tema della personalizzazione degli apprendimenti a partire dall’analisi delle competenze. Si tratta di un terreno di dialogo già aperto perché è esattamente quanto i CPIA già fanno da un decennio, costruendo attorno alle competenze dell’adulto un Patto formativo individuale, che viene redatto dopo una fase di identificazione, valutazione e attestazione delle competenze.
Che si stia provando, nell’ambito del MIM, a dare impulso a questa collaborazione, con l’obiettivo di offrire agli adulti un’offerta formativa volta a prolungare la vita lavorativa, è testimoniato dall’inclusione dei CPIA negli accordi di rete che permettono lo sviluppo di percorsi della filiera tecnologico-professionale, il cosiddetto 4+2.
Sarebbe ora importante aprire con risolutezza i CPIA alla prospettiva dell’apprendistato. Che si tratti di una direttrice importante è testimoniato dall’azione di diversi Stati europei che stanno potenziando la partecipazione degli adulti all’apprendistato e dall’orientamento di alcuni Paesi, come la Finlandia, in cui l’apprendistato si rivolge tradizionalmente agli adulti piuttosto che ai giovani.
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