Oggi la Chiesa cattolica ricorda suor Zdenka Cecilia Schelingova (1916-1955), perseguitata, beatificata da Giovanni Paolo II nel 2003 (1)
Helena Kordová-Wilde non è la protagonista di questa storia; senza di lei, però, molti dettagli importanti della vita dell’eroina e martire di cui parleremo sarebbero andati completamente perduti.
Helena Karpjaková (questo il suo nome da nubile) era la moglie di Alexander Korda, militare di professione che il regime comunista aveva condannato all’ergastolo nel 1949 in quanto ritenuto “inaffidabile”.
Un anno più tardi, anche Helena viene arrestata. La polizia segreta la ricatta, minacciando che il marito verrà lasciato in condizioni fisiche precarie se lei non confesserà diversi reati. La donna confessa, ma il trattamento nei confronti del colonnello Korda non cambia, e il militare muore nel 1958. La moglie non riceve alcuna comunicazione e scopre il decesso soltanto grazie alla dicitura “destinatario deceduto” su una lettera che aveva mandato al marito e rispedita al mittente.
Per la nostra storia, però, serve fare un passo indietro e tornare al gennaio del 1955. Helena Kordová si trova nell’ospedale della terribile prigione di Praga-Pankrác quando i sanitari arrivano con la sua nuova compagna di cella che giace su un lettino priva di sensi.
La donna è estremamente pallida, al punto che Helena viene colta dal dubbio che possa essere morta. Qualche ora dopo, però, la nuova arrivata inizia a muoversi e riprende conoscenza: Helena ricorda di essere stata colpita dall’incredibile bellezza di quegli occhi appena aperti.
“Chi sei?” domanda Helena.
“Una Suora di Carità della Santa Croce” la risposta dell’inferma, che non aggiunge altro. Solo più tardi avrebbe aggiunto “Mi chiamo suor Zdenka, ma il mio nome civile era Cecilia Schelingová”.
Infanzia e vocazione di Cecilia Schelingova
Cecília Schelingová nasce il 25 dicembre 1916 a Krivá, un piccolo villaggio nella regione di Orava, in Slovacchia. È l’ultima degli undici figli di Pavel Scheling e Zuzana Pániková. L’ambiente familiare profondamente cattolico getta il seme della spiritualità nella giovane Cecilia, che fin da giovane sente la vocazione religiosa. Dopo aver completato la scuola elementare e superiore, nel 1937 entra nell’Istituto delle Suore di Carità della Santa Croce (SCSC). Prende il nome di suor Zdenka.
Dopo il noviziato e i voti, suor Zdenka segue l’esempio di molte sue consorelle e si dedica al servizio infermieristico. Lavora in diversi ospedali, dimostrando grande dedizione e carità verso i malati, indipendentemente dalla loro fede o provenienza.
La sua professionalità e la sua profonda spiritualità la rendono un punto di riferimento per molti; si mostra sempre sorridente e pronta ad aiutare. La parola più usata per descriverla è “angelo”. Dai suoi scritti che sono rimasti emerge un forte misticismo, pieno di fede e incrollabile ottimismo. Tutte cose che di lì a poco sarebbero state messe a dura prova dal regime.
Colpo di Stato e clandestinità per la Chiesa
Dopo il colpo di Stato comunista del febbraio 1948 e il fallimento del tentativo di creare una Chiesa di Stato separata dal Vaticano, il regime avvia una persecuzione spietata nei confronti di religiosi e laici.
La polizia segreta (ŠtB) avvia una massiccia operazione di liquidazione degli ordini religiosi prima maschili (Akcia K, nell’aprile del 1950) e poi femminili (Akcia R, luglio/agosto dello stesso anno). Sacerdoti, monaci e suore vengono deportati in conventi e istituzioni trasformati in veri e propri campi di detenzione e concentramento. I seminari diocesani vengono eliminati, lasciando un unico seminario centrale a Bratislava, sotto il controllo dello Stato.
In questo contesto, diversi religiosi iniziano a considerare la fuga clandestina come unico metodo per poter formare i nuovi sacerdoti secondo la vera fede cattolica. Si distinguono in questo soprattutto i salesiani, e tra loro troviamo il beato Titus Zeman, di cui abbiamo già scritto.
Don Titus era riuscito a completare con successo due viaggi nel 1950: in agosto la spedizione portò in Italia trentuno salesiani; in settembre altri ventisette di loro erano riusciti a raggiungere Torino. Il terzo viaggio (aprile 1951) invece fallì, perché la ŠtB aveva teso una trappola al gruppo, che non riuscì ad attraversare il fiume Morava che era di fatto il confine tra la Cecoslovacchia e l’Austria.
La trappola
Nel gruppo ristretto dei collaboratori di Titus Zeman c’è un sacerdote salesiano, don Štefan Sandtner, ricoverato già dal 1950 all’Ospedale Statale di Bratislava. In quello stesso ospedale lavorano le Suore di Carità della Santa Croce: suor Zdenka era una di loro. Tra i due nasce un rapporto di sostegno spirituale reciproco molto forte, fino all’arresto di don Sandtner, avvenuto il 5 maggio 1951, in relazione al tentativo di fuga fallito di don Zeman e degli altri salesiani.
Il 20 febbraio 1952 si conclude il processo contro Titus Zeman e i suoi compagni di fuga. Il Senato del Tribunale statale di Bratislava presieduto dal giudice Pavol Korbuly emette condanne pesantissime nei confronti dei religiosi arrestati. Tra di loro c’è anche don Štefan Sandtner.
La notte precedente, le suore avevano aiutato un altro sacerdote, don Štefan Kostial, a fuggire dallo stesso ospedale. In tutta risposta, la ŠtB inizia a tessere le trame per intrappolare le religiose.
Una delle guardie carcerarie di turno all’ospedale lascia intendere alle suore che potrebbe aiutare a far fuggire don Sandtner e altri sacerdoti. Per dare urgenza, l’agente Hrdlica della ŠtB dice che i religiosi saranno deportati in Siberia, dove verranno uccisi. Per suor Zdenka questo è troppo: il piano per la liberazione dei sacerdoti deve essere messo in atto subito.
In tutto questo tempo l’agente Hrdlica avvia uno scambio epistolare con la religiosa, spacciandosi per don Sandtner. Negli archivi storici slovacchi sono conservate le lettere di suor Zdenka, ma quelle di Hrdlica sono andate perse.
In ogni caso, la trappola scatta e il 29 febbraio suor Zdenka è arrestata, accusata di alto tradimento e rinchiusa in una cella di isolamento del carcere di Bratislava. È l’inizio del lungo calvario che la porterà al martirio.
(1 – continua)
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