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Home » Economia e Finanza » DEFICIT AL 3%/ I tagli alla spesa che vanno oltre le richieste dell’Ue

  • Economia e Finanza
  • Fisco
  • Economia UE

DEFICIT AL 3%/ I tagli alla spesa che vanno oltre le richieste dell’Ue

Int. Massimo D'Antoni
Pubblicato 6 Ottobre 2025
Meloni e Giorgetti

Premier Giorgia Meloni con il Ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti in Parlamento (ANSA 2025, Maurizio Brambatti)

Il Governo ha fissato al 3% il rapporto deficit/Pil per quest'anno: un obiettivo che va oltre le richieste dell'Ue

In settimana il Governo ha approvato il Documento programmatico di finanza pubblica (Dpfp), propedeutico alla manovra finanziaria da 16 miliardi di euro (10 derivanti da tagli di spesa e 6 da maggiori entrate) in fase di definizione. Tra i numeri che più colpiscono nel Dpfp c’è la discesa del deficit/Pil al 3% già quest’anno, contro una stima precedente dell’Esecutivo (risalente ad aprile) del 3,3%.


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Come ci spiega Massimo D’Antoni, professore di scienza delle finanze all’Università di Siena, «se a consuntivo, con i dati disponibili la prossima primavera, fosse confermato che l’Italia nel 2025 ha mantenuto il suo deficit entro il 3% del Pil, si potrebbe verificare un anticipo dell’uscita del nostro Paese dalla procedura d’infrazione Ue per deficit eccessivo. Non credo tuttavia che in questo caso sia del tutto appropriato parlare di una scelta.


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In che senso?

Il programma del Governo indicava un deficit di qualche decimo più elevato: è stato l’andamento inatteso di spese ed entrate nel corso dell’anno a determinare questo risultato positivo per la nostra finanza pubblica. C’è anzi in questo un elemento per certi versi paradossale.

Di che si tratta?

Ricordo che in occasione del varo delle regole fiscali europee il ministro Giorgetti rivendicò con un certo orgoglio di aver strappato ai Paesi rigoristi condizioni più leggere per i Paesi sottoposti a procedura per deficit eccessivo nei primi anni di applicazione delle regole. Uscendo dalla procedura dopo un solo anno, in effetti, stiamo rinunciando a trarre vantaggio da tali benefici. Si conferma dunque che il sentiero di consolidamento fiscale scelto dal Governo è addirittura più ambizioso di quanto le stesse regole europee richiedessero.


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Non è una cosa positiva?

Come sappiamo, c’è una scuola di pensiero che considera in sé virtuosa ogni riduzione della spesa pubblica. In quest’ottica il Governo può vantare il successo della propria strategia, un successo che è riconosciuto anche dalle agenzie di rating internazionali e che ha probabilmente anche un ritorno in termini di fiducia degli investitori.

Dall’altra parte, si può obiettare che in questo momento gli obiettivi cui dare priorità fossero il rifinanziamento della sanità, una riqualificazione del nostro sistema di istruzione, la realizzazione delle infrastrutture necessarie al Paese, anche a costo di un sentiero di aggiustamento che, pur all’interno dei vincoli posti da Bruxelles, prevedesse tempi più lunghi.

Insomma, non è per trovare sempre motivo di lamentarsi, ma se gli obiettivi di bilancio fissati da Bruxelles erano ottenibili con un deficit più elevato, vuol dire che certi tagli di spesa non erano così necessari.

Poche settimane fa, Dombrovskis ha detto che se l’Italia avesse chiuso il 2025 con un deficit/Pil sotto il 3% sarebbe uscita dalla procedura d’infrazione Ue la prossima primavera: una precondizione importante per poter ricorrere alla clausola di salvaguardia nazionale per le spese nella difesa. Significa che il nostro Paese, come dicevamo in una precedente intervista, ha tenuto conto delle Raccomandazioni di Bruxelles?

Commissione Ue
La sede della Commissione europea a Bruxelles (Ansa)

La linea del ministro Giorgetti e del Governo è indubbiamente quella di mostrarsi molto diligente rispetto alle raccomandazioni dell’Unione europea. Già in occasione della scorsa Legge di bilancio avevo osservato che gli obiettivi del Governo erano andati oltre quanto consentito dalle indicazioni tecniche della Commissione.

Se poi il risultato di questo diligenza sarà quello di consentirci di ricorrere alla clausola di salvaguardia prevista dal piano ReArm Europe e quindi effettuare maggiore spesa in deficit per la spesa militare, se cioè il rigore di bilancio sulle altre funzioni di spesa sarà utilizzato per dare spazio all’acquisto di armamenti, avremo un’indicazione chiara di quai siano le priorità del Governo Meloni.

Ci metto ancora un “se” perché mi pare che sul ricorso alla clausola di salvaguardia alcune dichiarazioni del Ministro indichino a oggi una certa prudenza.

La crescita del Pil per il 2025 è indicata allo 0,5%, meno delle precedenti stime. Come si concilia questo dato con quello in miglioramento del rapporto deficit/Pil? Ci sono state anche quest’anno più entrate del previsto? Oppure meno uscite?

Ne accennavo in una risposta precedente: il Documento programmatico di finanza pubblica presentato nei giorni scorsi indica che il miglior risultato in termini di deficit è l’effetto di una spesa in contributi agli investimenti inferiore del previsto (-0,2% in rapporto al Pil) e di entrate contributive e tributarie leggermente superiori al previsto (+0,1%). Probabilmente il risultato di stime eccessivamente prudenti nella Legge di bilancio.

Cosa pensa delle traiettorie indicate per i prossimi tre anni per deficit/Pil, debito/Pil, Pil e spese nella difesa?

Giova ricordare che, con le nuove regole varate l’anno scorso, la traiettoria è definita per l’intero orizzonte del piano strutturale di bilancio (4-5 anni) in termini di crescita della spesa. Tale traiettoria non è modificabile anno per anno, così come non sono modificabili l’andamento del debito e del deficit, che vengono per così dire di conseguenza. Come ho già sottolineato, il Governo ha scelto obiettivi di contenimento della spesa molto ambiziosi, che lasciano in sofferenza diverse aree della Pubblica amministrazione.

Per la manovra si ipotizza una riduzione dell’aliquota Irpef (dal 35% al 33%) per i redditi fino a 50.000 euro. Cosa ne pensa?

La riduzione delle imposte è nel programma di governo. È in sé una buona notizia che le imposte possano ridursi e che si riducano in particolare per i lavoratori dipendenti. Parlo dei lavoratori dipendenti perché una parte consistente dei lavoratori autonomi è invece soggetta all’imposta proporzionale sostitutive, la cosiddetta “flat tax”.

Come ogni scelta, anche questa va però sempre rapportata alle alternative. Se aumenti la spesa militare e allo stesso tempo riduci le imposte e vuoi contenere il deficit, vuol dire che da hai in mente di intervenire con tagli a qualche altra voce di spesa. Direi quindi che per una valutazione più puntuale ci riaggiorniamo a quando avremo chiari i numeri della Legge di bilancio.

(Lorenzo Torrisi)

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Tags: Governo MeloniGiancarlo GiorgettiPIL

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