La linea dell'Ue esce sconfitta dalla COP30 e rischia di aggravare la crisi energetica ed economica del Vecchio continente
La COP30 di Belém si è chiusa con un accordo finale, il Global multirao, che non contiene alcun accenno a una roadmap per arrivare a non utilizzare più combustili fossili, un percorso che alla COP28 di Dubai ci si era invece impegnati a intraprendere. Sono stati, tuttavia, aumentati i finanziamenti dei Paesi più ricchi per aiutare la transizione energetica in quelli più poveri. Per alcuni commentatori si è trattato di un compromesso finale al ribasso.
«Credo che si stia ormai consolidando un trend di compromessi al ribasso, perché si deve prendere atto che i consumi dei combustibili fossili continuano ad aumentare», ci dice Davide Tabarelli, Presidente di Nomisma Energia.
C’è chi considera le conclusioni della COP30 una sconfitta per l’Ue, tra i più forti sostenitori dell’addio alle fonti fossili. Cosa ne pensa?
Dalla prima conferenza mondiale dei capi di Stato sull’ambiente di Rio de Janeiro del 1992, passando per la COP3 di Kyoto e la COP21 di Parigi, sono stati espressi tanti auspici, ma la realtà, con il dominio dei fossili, è un’altra. L’Ue, con i suoi proclami, continua a mancare di realismo e ad avere un livello di dipendenza energetica inalterato. Questo è un problema di fronte al quale in Europa si preferisce parlare di ambiente, di bando delle fonti fossili. E così si chiudono le raffinerie in Italia, ma poi si rischia di non avere abbastanza jet fuel per rifornire gli aerei come accaduto a Malpensa nelle scorse settimane.
È vero che l’Ue è l’unica aerea sviluppata che vive una crisi energetica?
Sì, perché c’è una guerra alle sue porte e non ci si rifornisce più dalla Russia. Siamo, quindi, arrivati a un livello di dipendenza energetica simile a quello degli anni ’70 del secolo scorso, durante i quali abbiamo vissuto due crisi energetiche.
Ora ci sono, però, più impianti di rinnovabili che riducono la dipendenza energetica…

Per realizzare questi impianti, lo sforzo in termini di incentivi è stato enorme, le reti sono diventate anche più complesse da gestire e nel frattempo si è sovvenzionata la Cina, che viene vista come il motore della transizione energetica, un qualcosa di molto “poetico” che piace agli ambientalisti. Il problema è che quando si fa molta poesia si rischia di allontanarsi dalla dura realtà: la dipendenza energetica europea con le rinnovabili si è ridotta molto poco.
Cosa bisognerebbe fare allora?
Tutti vorremmo avere più energia pulita, ma oggi non è ancora possibile fare a meno di una produzione di gas e petrolio nell’Ue, che invece continua a diminuire, seguendo il delirio irresponsabile dell’Europa che conta solamente per il 6% delle emissioni globali di CO2. La domanda di energia nel Vecchio continente sta calando, ma non tanto per maggior efficienza, quanto per bassa crescita e l’Italia sta tornando a essere il fanalino di coda per quanto riguarda l’incremento del Pil, che è ostacolato anche dal costo dell’energia.
Come vede l’Europa sul fronte gas alle porte dell’inverno?
C’è qualche probabilità di un’impennata del prezzo come si è avuta lo scorso febbraio, perché le scorte sono basse. Sarà, quindi, il meteo a fare la differenza, bisognerà sperare un inverno mite. In Europa continua a esserci un sistema energetico poco ottimale e poco sicuro.
Alla COP30 si è discusso anche del Cbam applicato all’import dell’Ue. Secondo la Cina, infatti, rappresenta un dazio mascherato. Lei cosa ne pensa?
Si tratta di un dazio che non aumenterà la competitività dell’economia europea, minata anche dal sistema degli Ets che farà costare sempre di più l’elettricità. Mi chiedo: agendo sul 6% delle emissioni di CO2 globali cosa otterremo a livello di contrasto al cambiamento climatico? I sacrifici che si scaricano sulle imprese, sui costi dei beni e dell’energia nell’Ue sono enormemente superiori a quelli del resto del mondo. È giusto tutto questo quando contiamo per il 6% delle emissioni di CO2? Io penso di no, ma visto che la politica ritiene di sì forse sbaglio.
(Lorenzo Torrisi)
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