Il paradigma di ogni presenza

La Chiesa festeggia oggi la presenza permanente di Cristo nel suo Corpo e nel suo Sangue. Una presenza reale che pone in crisi la sapienza degli uomini

La Chiesa festeggia oggi la presenza permanente di Cristo nel suo Corpo e nel suo Sangue. Fa memoria della Sua presenza qui e ora. Abituati come siamo a dare per scontate anche le realtà più grandi, converrà rileggere quanto disse don Giussani a questo proposito: “Riconoscere che, nella chiesa a cinquanta metri, c’è Cristo, l’uomo che ha vissuto ed è morto ed è risuscitato in Palestina duemila anni fa; riconoscere che è là, nel pane, sotto l’aspetto di un pane, nel segno di un pane; riconoscere questo: vi sfido a trovare un sacrificio di sé (della propria intelligenza, del proprio obbligo di amore, della propria passione perché tutto il mondo lo conosca) più grande” (Luigi Giussani, Si può vivere così?, Rizzoli, Milano 2007, p. 414).



In una frase vengono ridate le ragioni del legame indissolubile tra il sacrificio di Cristo e il sacrificio di ogni uomo. Gesù sceglie una modalità di presenza storica che non vuole fare a meno di chi la riceve e che non ha nulla a che fare con discorsi o formule.

Una presenza che la Chiesa ha definito “reale”, cioè originale e unica rispetto a tutte le altre modalità in cui è possibile riconoscere il Signore risorto e, al tempo stesso, paradigmatica rispetto a ogni altro tipo di presenza che il cristiano vive (a se stesso, nei rapporti più cari, nella società, nel mondo…).



Una presenza davanti a tutti, non segreta o riservata ad alcuni eletti come, molti anni dopo, avrebbero tentato di insinuare i testi apocrifi. Una presenza in attesa del sì libero dell’uomo che vi si imbatte.

Una presenza che mostra la sua capacità di sfida del mondo nel dono di sé, come disse Benedetto XVI nell’omelia del Corpus Domini del 2007: “L’Eucaristia resta ‘segno di contraddizione’ e non può non esserlo, perché un Dio che si fa carne e sacrifica se stesso per la vita del mondo pone in crisi la sapienza degli uomini”.

Senza la disponibilità ad assecondare questo stesso metodo, il nostro modo di porci, di comunicare, di stare con gli altri, di dare ragione delle nostre idee, non potrà che mettersi presto alla ricerca di un’altra strategia che, come un disco rotto, suona sempre la musica dei vecchi e nuovi moralismi che, in tutte le loro astute manifestazioni, hanno sempre bisogno di gregari, impediti come sono nel generare qualsiasi tipo di fascino.



Lo scrisse subito, all’inizio del pontificato, Papa Francesco: “Tutti hanno il diritto di ricevere il Vangelo. I cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile. La Chiesa non cresce per proselitismo ma ‘per attrazione’” (Evangelii gaudium, n. 14).

L’immagine del “banchetto desiderabile” ci riconduce proprio al momento dell’ultima cena, in cui Cristo anticipa il contenuto del sacrificio della croce e comunica la propria stessa vita a tutti. Quella sera, carica di ogni dramma umano, segnerà per sempre la storia, consentendo a tutti di avere Gesù contemporaneo alla propria vita. Solo una presenza di Dio così reale può permettere in noi il passaggio dal dono di sé alla comunicazione di sé.

Il fatto che il banchetto sia “desiderabile”, inoltre, dice chiaramente quale sia il primo interlocutore dell’offerta del Figlio di Dio: la casa del desiderio, il cuore umano. Ciò che non è in grado di intercettare l’intimo, infatti, non sarà in grado neppure di cambiare la storia.

La festa del Corpus Domini, presentandoci Cristo come il vero “presente”, qui e ora, provoca noi a verificare cosa significa “esserci”, oltre ogni slogan o buona intenzione, e apre la strada a quell’amicizia sacramentale che non ha urgenze se non quella dell’amore, come sussurra a Cristo l’antico inno dell’Adoro Te devote: “Fammi credere sempre più in Te, che in Te io abbia speranza, che io Ti ami!”.

L’amore a Gesù consente il vero amore all’altro e al suo destino. Questo permette di essere un solo Corpo, quello di Cristo, unito e libero.

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