Oggi Papa Leone XIV proclamerà due nuovi santi Pier Giorgio Frassati Carlo Acutis. Il loro "segreto" è stata la carità vissuta fino in fondo
“Questo è il paradosso cristiano: Dio non salva facendo, ma lasciandosi fare”: è una delle frasi più significative pronunciate da Papa Leone durante la splendida udienza generale di mercoledì scorso 3 settembre. Oggi è festa grande, perché la Chiesa proclama due nuovi santi: Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis. La vita dei santi, in fondo, è un continuo “lasciarsi fare” al modo di Cristo.
Pier Giorgio e Carlo hanno avuto tante cose in comune, non ultime la malattia a la morte in giovane età, a conferma del fatto che neppure a loro sono state risparmiate le sfide e le prove. Dentro le circostanze della vita hanno mostrato un impeto incontenibile nel donarsi totalmente, seguendo ciò che capitava davanti ai loro occhi con la semplicità tipica dei bambini.
L’opposto della gestione dettata dal possesso. Sempre nell’udienza generale già citata il Papa ha detto che “Sulla croce, Gesù ci insegna che l’uomo non si realizza nel potere, ma nell’apertura fiduciosa all’altro, persino quando ci è ostile e nemico”. È sempre dietro l’angolo la tentazione, infatti, di ritenere lodevoli le parole e i gesti di Cristo e, al contempo, muoversi nella vita utilizzando il metodo opposto.
La lealtà con noi stessi e con la nostra sete, come la chiama il Papa, ci consentirà di non fare i furbi con il cuore, che ci ricorda in continuazione le esigenze di cui siamo fatti, menzionate dal Santo Padre: amore, senso, giustizia.
Frassati e Acutis hanno incontrato, nel corso della loro vita, l’esperienza carismatica di altri santi: sant’Ignazio di Loyola, san Francesco e santa Chiara, san Domenico, santa Caterina da Siena, sant’Antonio di Padova. Colpisce notare come l’esperienza di uomini e donne vissuti molti anni prima abbia attraversato i secoli per raggiungere due giovani che oggi sono entrati a far parte della stessa Compagnia celeste.
Per non parlare del fatto che la vita di entrambi si è giocata attorno agli stessi pilastri: l’Eucaristia e la Vergine Maria. Due pilastri che sono come due grembi in grado di generare continuamente la vita di chi se ne lascia conquistare. Vita che diviene così talmente appassionata e piena da contagiare chiunque sia disposto a coglierne il segreto.
In un contributo pubblicato su Il Giorno del 2 settembre scorso, l’arcivescovo di Milano mons. Mario Delpini ha descritto così Carlo Acutis: “È simpatico, come un amico che si incontra volentieri, come un compagno che sarebbe desiderabile avere in classe, un appassionato di montagna con cui sarebbe piacevole fare una camminata. La simpatia non è un sentire che si possa descrivere facilmente né artificiosamente costruire”.
In mezzo a tante presenze, quella dei santi si riconosce perché accende il desiderio che sia di ogni istante, rendendo possibile una compagnia che diversamente non avremmo, in grado di accendere l’impeto necessario per dare il nostro contributo nel mondo in cui viviamo. Benedetto XVI, in una storica catechesi sulla santità, si espresse in questi termini: “Come può avvenire che il nostro modo di pensare e le nostre azioni diventino il pensare e l’agire con Cristo e di Cristo? Qual è l’anima della santità? Di nuovo il Concilio Vaticano II precisa; ci dice che la santità cristiana non è altro che la carità pienamente vissuta” (dall’udienza generale del 13 aprile 2011).
La carità pienamente vissuta è una delle caratteristiche della vita di Pier Giorgio e di Carlo, come di tutti i santi. La sovrabbondanza di grazia che uno vive tende a comunicarsi instancabilmente. La vita diventa così una splendida avventura, quella del “lasciarsi fare”.
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