Prima tv, seppure in seconda serata, su Rai 3 per “The Rossellinis”, il film documentario diretto da Alessandro Rossellini e prodotto da B&B Films in coproduzione con Rai Cinema e di cui si è molto parlato negli ultimi mesi soprattutto alla luce della première ufficiale alla 35esima Settimana Internazionale della Critica al Festival del Cinema di Venezia e del Nastro d’Argento conquistato come Miglior Documentario sul Cinema. “L’ultima cazzata della mia vita” l’ha definita il diretto interessato che era alla sua prima, vera esperienza dietro la macchina da presa all’età dei 55 anni.
Il documentario, sin dal titolo, sottintende anche una sottile vena ironica ed è idealmente rivolto da Alessandro, primo nipote del grande Roberto Rossellini, non solo al genio cinematografico del nonno ma pure alla storia della sua famiglia, non solo allargata ma anche esempio di multietnicità: e l’auto-ironia è una componente importante di questo docu-film che ripercorre una lunga e intensa saga famigliare, specie ricordando che lo stesso Rossellini junior ha deciso di improvvisarsi regista dopo l’esperienza da fotografo e un passato di tossicodipendenza oramai alle spalle. Insomma, come sovente accade in questi casi, una sorta di introspezione interiore da mostrare al pubblico ma pure una “terapia famigliare” che si svolge davanti alla mdp che porta sullo schermo non solo Isabella Rossellini ma anche l’indimenticata Ingrid Bergman, fiamma di Roberto, e tanti altri personaggi incredibili.
ALESSANDRO ROSSELLINI, “COL TITOLO PRENDO IN GIRO UN COGNOME INGOMBRANTE CHE…”
Insomma, divertire e far anche commuovere, perché il dramma pure se in filigrana è sempre presente: “Con il titolo ho voluto prendere in giro un cognome che per me è stato sempre molto ingombrante” ha candidamente ammesso Alessandro Rossellini che dell’illustre nonno cerca di presentare soprattutto aspetti inediti della vita privata, per un ideale album di famiglia sul grande schermo fatto di aneddoti, testimonianze inedite e altro. “Tutto questo ha avuto per me e gli altri discendenti un peso enorme, influenzando le nostre vite” ha detto ancora il nipote che ha presentato il docu-film come un tentativo molto personale di “restituire un’immagine sincera della mia grande, amata e complicata famiglia”.
“Sono stato per anni il famigliare da aiutare e da premiare” ha raccontato più di recente nel corso di un’intervista concessa al portale specializzato HotCorn, accennando non solo ai trascorsi da tossicodipendente ma anche al fatto che l’essere riuscito a mettere la sua famiglia davanti a una telecamera è stato un “gesto mutualistico”. Non solo: “Col documentario ho avuto una conferma della mia ipotesi, cioè che siamo tutti stati influenzati dai valori di nonno Roberto” ha aggiunto, riferendosi allo spirito libero del nonno in tutte le sue scelte di vita, “cambiamo partner, lavoro, nazioni, culture e religioni come camicie (…) io forse sono stato però l’unico della famiglia a dimostrarne difetti e debolezze”.