A Venezia si può ammirare ancora per poco “"Litaniae" di Mario Deluigi, inizialmente rifiutata dai salesiani, poi donata dal patriarca Luciani a Paolo VI
I padri salesiani di Mogliano Veneto non immaginavano certo che rifiutando l’opera realizzata per loro da Mario Deluigi ne avrebbero decretato la fortuna. Si rinnova in un certo senso l’esperienza cantata dal salmista: la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata pietra angolare. Litaniae, la grande pala a losanga realizzata per loro nel 1949-50, troneggia ancora per qualche giorno (fino al 26 ottobre) nella Scuola di san Rocco a Venezia, nella terra ove fu concepita e iniziò il suo cammino nel tempo.
Un’opera astratta, com’era il genere artistico abbracciato da Deluigi, aperta a una comprensione plurale che va dal puro godimento estetico sino alla sacra contemplazione mistica; un’opera che segna uno dei punti più acuti dell’inserzione del pensiero artistico astratto nella tradizione iconografica religiosa; un’opera che affronta una sfida creativa impervia, come dare immagine alle litanie della Vergine, motivo ben poco raffigurato nella storia dell’arte cristiana e che trae origine dalle Litanie lauretane, cioè le invocazioni intercessive a Maria che scompongono e afferrano uno per uno i molteplici raggi delle qualità spirituali della Madre di Dio (Mater, Regina, Speculum, Vas, etc.).
Realizzata su legno di pioppo, composta di tre figure fondamentali, sfere, semisfere e croci, con l’aggiunta di linee colorate ortogonali, alcune alludenti a una tastiera musicale, e di alcune scritte esplicative della natura del dipinto (ora pro nobis, Maria auxilium christianorum, Agnus Dei…), l’opera appare a prima vista come un vivace e denso tripudio cromatico, segmentato in numerose tessere che però, a differenza dei mosaici, costituiscono ciascuna una conchiusa unità figurativa.
Un’opera che esprime un senso di coralità, come d’altronde è la natura delle Litanie lauretane, una collana di preghiere in cui risplendono riflessi cangianti e multicolori. Anche un esplicito riferimento a Piet Mondrian e alla sua rigorosa e innovatrice grammatica compositiva ma, rispetto all’algido pittore olandese teosofo e in particolare al suo celebre Victory Boogie Woogie, ripieno di calore e di pulsazioni coloristiche venete.

La vita e il destino di Litaniae sono stupefacenti: del rifiuto salesiano s’è detto all’inizio. Immediatamente dopo il suo ripudio, all’opera dell’artista veneto – la cui casa era frequentata da Arturo Benedetti Michelangeli e da Carlo Scarpa, amico d’una vita – si schiusero le porte della Biennale d’Arte del 1950, palcoscenico diventato ormai internazionale.
Ventidue anni dopo, in occasione della storica visita di Paolo VI a Venezia che, con il dono della stola al Patriarca in qualche modo “designò” come suo successore Albino Luciani, la grande pala (2,20 x 2,20) fu donata dal Comune e dal Patriarcato a Papa Montini, noto per il suo apprezzamento dell’arte contemporanea, il quale amò quest’opera al punto di tenerla con sé nel suo studio fino alla morte, dopodiché Litaniae andò ad arricchire la Collezione d’arte moderna e contemporanea dei Musei Vaticani, benché non fosse esposta, a causa della sua mole e delle sue critiche condizioni conservative.
Ora, per celebrare il Giubileo e la recente beatificazione di Papa Luciani, l’opera è stata accuratamente restaurata nei laboratori vaticani e – per meritoria iniziativa di Assia Carpano e Gianni Deluigi (figlio di Mario), i due curatori – è stata presentata in mostra a Venezia, “scortata” da dieci serigrafie riproducenti dettagli (singole litanie cioè) dell’intero, da due splendidi arazzi e da un bel libro-catalogo.
Tornerà, stavolta esposta al pubblico nonostante le esigenti dimensioni, nella Collezione diretta da Micol Forti; vedremo allora l’accoglienza dei milioni di sguardi puntati verso questo originale connubio tra motivo devozionale antico e reinterpretazione stilistica moderna, ciascuno potrà sperimentare l’incontro tra la tradizionale propensione figurativa dell’arte sacra e questa sua originale trasfigurazione astratta.
Ogni spettatore sarà così riportato alla situazione originaria dei salesiani che, sorpresi dall’inaudito e ardito quadro di Deluigi, non ne colsero il potenziale espressivo e l’invito meditativo. Chissà se a 75 anni di distanza e dopo la “benedizione” di due Papi, quest’opera comincerà una nuova vita “parlante”.
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