Il film "Ballerina" rappresenta uno spin-off della seria di John Wick, riproponendo qualcosa di simile a "Nikita" di Luc Besson

Croce e delizia dei nostri tempi, lo sfruttamento delle proprietà intellettuali colpisce ogni prodotto che abbia un minimo di successo, costringendo i produttori a cavare sangue dalle rape. Così, dopo quattro film, un quinto in preparazione e una serie televisiva (The Continental), l’universo di John Wick si offre allo spin-off cinematografico, Ballerina, che sfrutta l’appeal e il carisma di Ana De Armas per raccontare una storia tangenziale agli eventi occorsi tra il terzo e il quarto film della serie principale.



La protagonista è Eve (De Armas), ragazzina che da adolescente deve affrontare la violenta morte del padre attraverso l’educazione ricevuta dai rom russi (Ruska Roma) che, oltre a farla diventare ballerina, le mostrano le arti della violenza e della morte, così che possa diventare una sicaria e preparare la sua vendetta.



Con la produzione saldamente nelle mani di Chad Stahelski – mente che ha originato il primo film -, la 87North (casa di produzione fondata da stuntman specializzata in action movie contemporanei) ha affidato la regia a un mestierante del genere come Len Wiseman (Underworld) e la sceneggiatura a Shay Hatten per realizzare la solita riproposizione di Nikita (Luc Besson) e legarla al modo contemporaneo di intendere il genere, tra stunt affrontati in modo frontale di fronte alle macchine da presa, spettacolo iperbolico con correzioni digitali contenute e totale rifiuto della verosimiglianza.



Tutti i tasselli vanno a posto, i cameo e i cliché del franchise devono essere rispettati per evitare che gli spettatori non capiscano dove si trovino – il cameo di Keanu Reeves, l’immancabile sequenza in discoteca, la fotografia al neon vaporwave di Romain Lacourbas – e i cinefili possono godersi le citazioni di Buster Keaton.

Ballerina ha però due grossi limiti rispetto alla serie principale, innanzitutto Ana De Armas (che sembrava promettere meglio dopo averla vista in 007 – No Time to Die) che sembra fuori contesto e costringe il coordinatore degli stunt Jackson Spidell a inventarsi sequenze d’azione senza duelli, acrobazie o arti marziali, limitandosi quindi a inseguimenti canonici e sparatorie, tra cui un surreale scontro con i lanciafiamme.

Da qui deriva il secondo limite, ovvero che, fin dalla prima sequenza, Ballerina si pone dentro un professionalismo standard, senza veri guizzi, né colpi da maestro che lo rende indistinguibile da un prodotto da piattaforma, di quelli che si dimenticano pochi istanti dopo la visione e qui si torna alle responsabilità del regista: perché con tanti specialisti del genere con visione e originalità di tocco, come i registi che la stessa 87North ha ingaggiato per i due film di Io sono nessuno, si è affidato il compito a uno che non è mai riuscito a superare i confini della mediocrità digitale?

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