I fratelli Savi sono tre dei sei componenti della banda della Uno Bianca. Di loro si è parlato molto e stasera su Rai 2, nella docuserie dedicata alla banda criminale, che dalla seconda metà degli anni Ottanta ai primi anni Novanta ha terrorizzato il Nord Italia, ritorneranno al centro dello sconcertante racconto, caratterizzato da reati, violenza e uccisioni efferati. Tutti i componenti della banda, così come i fratelli Savi sono stati arrestati, ma è impossibile dimenticare gli eventi di cui si sono resi protagonisti, tra rapine a mano armata, sparatorie ed estorsioni.
Il maggiore dei tre è Roberto: classe 1954, di Forlì. Nel 1976 entrò in servizio come Membro della Polizia di Stato, 11 anni prima dell’inizio dell’attività criminale della banda. Quando sfrecciava in autostrada con la Uno Bianca per commettere le rapine, aveva 33 anni e si occupava della funzione di operatore al volante. La personalità di Roberto Savi appariva schiva, era metodico e puntuale e veniva chiamato il monaco, ma non troppo ad alta voce. Nel 1992 venne trasferito alla centrale operativa per un aneddoto insolito: rasò i capelli ad un ragazzo, trovato in possesso di stupefacenti. Un diploma in perito elettronico, una moglie, Anna Ceccarelli e un figlio di nove anni, Simone. Viveva con la sua famiglia in un piccolo appartamento vicino all’aeroporto e faceva sempre le vacanze in campeggio in Toscana, dove non scambiava parola con nessuno. Una persona taciturna, zelante sul lavoro, con l’indole di comandare.
I fratelli Savi sempre uniti nelle rapine
Poco prima di essere arrestato per i reati commessi con la banda della Uno Bianca, Roberto Savi aveva lasciato la moglie e aveva intrapreso una relazione con una 21enne nigeriana Stella Okonkwo. Le aveva affittato anche un alloggio a Pontecchio Marconi. Il maggiore dei fratelli Savi fu il primo ad essere portato in carcere. Nel garage gli trovarono il suo immenso arsenale, tra fucili, pistole, esplosivi ma anche parrucche e barbe finte oltre a 230 milioni di lire in contanti. Al momento dell’arresto non appare sorpreso “Potevo farvi saltare tutti in aria… Meno male, un incubo è finito. Ero dentro un ingranaggio più grande di me!” Sono queste le parole che pronuncia dopo lo scatto delle manette ai polsi.
Dopo aver fatto richiesta di concessione del provvedimento di grazia, prontamente rifiutata, Roberto Savi rimane in carcere. Fabio Savi è il fratello minore di Roberto, ma è anche il co-fondatore della banda, nel 1987. Sono stati sempre presenti a tutte le azioni criminali che hanno perpetrato con la Uno Bianca. Classe 1960, a quei tempi non aveva un lavoro fisso e si barcamenava con lavori saltuari dall’imbianchino al carrozziere, al rappresentante di prodotti per auto.
Alberto Savi, il più giovane dei tre
Fabio Savi nel 1980 aveva tentato di entrare nella Polizia ma senza risultati. Sposato con Maria Grazia Angelini, viveva con lei e il loro figlio, nato nel 1989, nella casa paterna di Villa Verrucchio. Fabio Savi però decide poi di lasciare la famiglia per convivere con Eva Mikula, una ragazza rumena di origine ungherese. Le testimonianze della giovane risulteranno decisive durante le indagini. Arrestato poco dopo il fratello maggiore, mentre stava cercando di lasciare l’Italia, a pochi chilometri dall’Austria, Fabio è attualmente recluso in un carcere nel milanese. Aveva chiesto il rito abbreviato per tramutare l’ergastolo in trenta anni di carcere, ma la sua richiesta venne rifiutata.
L’ultimo dei fratelli Savi è Alberto. Nato nel 1965 come Fabio era un poliziotto, ma dal carattere più mite, il più debole dei tre. Viveva con sua moglie Antonella, sposata nel 1990, e suo figlio. ”Ho fatto solo qualche rapina, fino al ’90, poi mi sono sposato ed ho smesso. Io con la banda della Uno bianca non c’entro.” Avrebbe detto al momento dell’arresto dopo essere scoppiato a piangere. Anche lui sta scontando l’ergastolo.