Il Giornata della Memoria è quello in cui si celebra la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, ma purtroppo ce ne sono stati molti altri usati dai nazisti per isolare gli ebrei e altri “indesiderabili”, costretti ai lavori forzati o eliminati in massa. In realtà, con campi di concentramento si intendono anche lager, ma la sostanza non cambia, perché dal lavoro forzato si passò all’annientamento di milioni di persone.
Per quanto riguarda il nostro Paese, il primo campo di sterminio nazista è la Risiera di San Sabba, dove fu scoperto un forno crematorio. Furono imprigionati diversi soldati italiani, transitavano prigionieri destinati a essere deportati in Germania e Polonia, ma anche ebrei. Furono uccise tra 3mila e 5mila persona con metodi altrettanto crudeli. I nazisti provarono a nascondere le prove dell’accaduto facendo esplodere forno crematorio e ciminiera, ma le testimonianze dei sopravvissuti e i ritrovamenti di resti umani hanno consentito di scoprire la verità.
GIORNATA DELLA MEMORIA, AUSCHWITZ E GLI ALTRI CAMPI DI STERMINIO
Nel complesso, la Germania nazista ne creò oltre 44mila, se consideriamo anche le strutture carcerarie, i vari scopi e le diverse categorie di prigionieri. Il primo campo di concentramento fu quello di Dachau, vicino Monaco, ed è anche quello rimasto attivo più a lungo, perché fu liberato nell’aprile del 1945; sorsero poi quelli di Buchenwald e Sachsenhausen.
I campi di concentramento inizialmente ospitavano prigionieri di guerra, poi vennero trasformati in veri e propri campi di sterminio, come quello di Majdanek. Per portare a termine la “Soluzione finale“, cioè il genocidio degli ebrei, i nazisti costruirono diversi campi di sterminio in Polonia, dove c’erano più ebrei.
Il primo in questo caso fu quello di Chelmno, dove si modificavano i gas dei furgoni per uccidere ebrei e rom, poi entrarono in funzione i campi di concentramento di Treblinka, Belice e Sobibor. La costruzione delle camere a gas fu introdotta per rendere più “efficiente” lo sterminio, ma anche per rendere più impersonale le stragi compiute. Ad esempio, c’erano quattro camere a gas nel campo di concentramento di Birkenau, che apparteneva al più complesso di Auschwitz.
Comunque, quello di Auschwitz è il più noto campo di concentramento: un complesso di oltre 40 campi di sterminio dove morirono 1,1 milioni di persone su tre milioni circa in totale. Inizialmente serviva ad eliminare prigionieri polacchi e sovietici, ma con la “Soluzione finale” si passò allo sterminio dei nemici con i treni della morte e all’utilizzo del gas. Ora, invece, è un memoriale-museo fondamentale non solo nel Giornata della Memoria, ma in tutti i giorni per ricordare l’Olocausto.
LA “DUE LIBERAZIONI”
Lo storico David Bidussa, in un’intervista al Manifesto, ha ricordato come la liberazione di Auschwitz in realtà sia avvenuta solo quando abbiamo iniziato a raccontare la sua storia, non solo nel momento in cui è arrivata l’Armata Rossa. Di fatto, quel campo di concentramento rappresenta “il momento più profondo dell’esserci nella storia“, ma guardarci dentro non vuol dirsi fermarsi solo alla morte, bisogna ridare una prospettiva e ricordare che si può sbagliare, perché così si può costruire davvero un’alternativa.
Per superare il dramma di Auschwitz, bisogna approfondire le premesse che l’hanno reso possibile, a livello culturale e politico. Quando si analizza la storia del campo di concentramento di Auschwitz e di tutti gli altri, allora non bisogna limitarsi a chiedersi com’è stato possibile, ma dov’erano l’opinione pubblica e l’opposizione. Dietro, segnala Bidussa, c’à un percorso lungo fatto di opinioni e convinzioni.