Il confronto in atto sulla giustizia rischia di finire ostaggio di ideologie contrapposte. La sfiducia è ai massimi, serve una pacificazione istituzionale

Da sempre il rapporto tra diritto e giustizia ha segnato il livello di qualità delle comunità ed ha determinato condizioni più o meno accettabili di vivibilità e di democrazia.

Si tratta di concetti molto complessi che spesso, addirittura, vengono confusi: il diritto, la legalità, la giustizia nel gergo comune appartengono, ormai, ad una unica generale e spesso indistinta categoria, a cui viene riconosciuta una accezione legalitaria. E sono sempre più frequenti i tentativi di approfondimento, soprattutto nelle scuole e per i giovani, con percorsi e giornate sulla legalità.



A questi concetti si contrappongono, con altrettanta approssimazione, le categorie dell’illiceità, dell’illegalità e dell’ingiustizia, offerte, spesso in maniera indistinta, in commenti e proiezioni mediatiche.

Non è pura filosofia, né pedanteria linguistica, in quanto un approccio non corretto rischia di condizionare il senso stesso delle regole e di determinare, come credo stia accadendo negli ultimi tempi, una pesante confusione da cui deriva un diffuso senso da un lato di impunità e dall’altro di frustrazione.



Sinteticamente, il diritto può definirsi come l’insieme di regole che una comunità si dà, attraverso i suoi rappresentanti, per disciplinare la comune convivenza in un certo luogo e in un determinato momento storico.

La giustizia, invece, ha diverse accezioni, è un concetto multiforme e molto complesso.

In termini generali, è una virtù e consiste nella volontà di riconoscere e rispettare i diritti altrui, attribuendo a ciascuno ciò che gli è dovuto, secondo la ragione e la legge.

Di conseguenza, si traduce nel potere di realizzare il diritto con provvedimenti aventi forza esecutiva.



Nelle democrazie moderne, ormai, la garanzia dei diritti ha raggiunto livelli soddisfacenti per i cittadini. Ci sono, cioè, generali e diffuse condizioni giuridiche affinché siano assicurati a tutti i consociati uguali opportunità di realizzazione personale e collettiva.

L’attuazione concreta, però, di quei diritti astrattamente previsti dalle norme, è affidata, in prima battuta, agli organi amministrativi/esecutivi e, in ultima istanza, agli organi giurisdizionali, che intervengono in caso di violazione o mancata applicazione delle norme.

Detto in parole povere, se l’amministrazione e la giustizia non funzionano adeguatamente, difficilmente saranno garantiti i diritti dei cittadini, indipendentemente dalla qualità delle leggi.

Un Paese virtuoso dovrebbe, quindi, tendere a raggiungere un equilibrio sostenibile tra qualità della legislazione e sua attuazione pratica. E sviluppare un sistema giudiziario capace di intervenire in maniera rapida ed efficace in caso di violazione delle norme.

La mia esperienza professionale non mi consente di offrire una valutazione approfondita, se non indirettamente, sulla qualità complessiva della normativa interna e comunitaria. Ma qualche riflessione si può sicuramente fare sulla capacità del sistema-giustizia di riportare in equilibrio condizioni sbilanciate per effetto della cattiva o mancata applicazione delle leggi.

Il presidente dell’Anm Cesare Parodi con il ministro della Giustizia Carlo Nordio (ANSA 2025, Massimo Percossi)

Dicevamo sopra che da quest’ultima criticità derivano conseguenze significative, come un diffuso senso di impunità per coloro che hanno una facile propensione a delinquere ed una preoccupante condizione di frustrazione per i cittadini che, invece, tendono a vivere in condizioni di legalità e che aspirano ad ottenere giustizia.

Potremmo, ragionando a contrario, anche sostenere che il livello di civiltà giuridica, ma anche di parità sociale e di prosperità economica, di un popolo si potrebbero misurare dalla tendenza a delinquere e dalla fiducia della gente nella giustizia e generalmente nelle istituzioni.

Sotto entrambi questi due profili, la situazione del nostro Paese non appare confortante.

Dal primo punto di vista, l’affollamento e le condizioni di detenzione carceraria ci rimandano una situazione drammatica, segno che ancora molti delinquono e spesso non in maniera occasionale.

Sul secondo fronte, non si va meglio.

Gli ultimissimi sondaggi, commissionati dalla Associazione Nazionale Magistrati (ANM), segnalano una fiducia dei cittadini verso la magistratura al 58%, ma sembrano in controtendenza rispetto a dati precedenti molto più bassi e sono in parte smentiti dal tenore dei tanti messaggi dei commentatori sotto i post che li riportano.

Altri sondaggi, risalenti ad inizio anno 2025, riportano il dato del solo 31,2% degli italiani che ripone fiducia nella magistratura.

Al netto delle valutazioni di parte e facendo una media ponderata potremmo realisticamente ritenere che più della metà del Paese esprime un giudizio molto severo su un pilastro fondamentale delle nostre istituzioni. Un dato, comunque, in calo rispetto agli anni precedenti, in cui si assestava intorno al 54%.

Certo, ci sono stati alcuni casi mediaticamente significativi che hanno potuto incidere in maniera negativa su questa percentuale. Uno per tutti il cosiddetto caso Palamara e lo scandalo delle nomine al CSM.

La conflittualità molto accesa, legata anche alla riforma della giustizia, non aiuta di certo a migliorare la situazione.

E la questione appare complessivamente molto seria, se è vero che un sistema giustizia ed in generale un comparto sicurezza fragile e poco affidabile può sfociare in atti di violenza e autotutela pericolosi ed intollerabili in un Paese evoluto.

Le circostanze sono articolate ed evidentemente non riconducibili a responsabilità esclusive né della politica, né tantomeno della magistratura. Ma il dato è tale da allarmare qualsiasi cittadino che crede ancora nella giustizia come baluardo non solo di legalità, ma di civiltà.

È auspicabile, allora, un periodo di pacificazione istituzionale nell’interesse del Paese.

Sarebbe utile, in tal senso, l’individuazione di comuni indirizzi di intervento, anche sentendo la base degli operatori, quotidianamente impegnati a superare mille difficoltà quotidiane, spesso poco note o ignorate da chi ragiona per massimi sistemi.

Ripristinare il corretto ed ed efficiente funzionamento del sistema giustizia deve essere un punto qualificante di un’agenda politica seria e competente.

La giustizia deve funzionare senza se e senza ma, a prescindere da ideologie o colori politici. È una vera e propria questione di interesse nazionale.

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