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Home » Esteri » Africa » CAOS LIBIA/ Lo stop al petrolio è un favore al Cremlino e un “avviso” all’Italia

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CAOS LIBIA/ Lo stop al petrolio è un favore al Cremlino e un “avviso” all’Italia

Giorgio Laici
Pubblicato 2 Settembre 2024
(Ansa)

(Ansa)

La chiusura dei terminal per l'export di petrolio voluta da Haftar ha già avuto conseguenze. Aiuta la Russia e smuove l'Opec

Nel 1936 l’esploratore geologo Ardito Desio effettuò delle ricerche nel deserto libico. Trovò petrolio che affiorava dalla sabbia. Era troppo facile, non se ne fece niente. Oggi la Libia è il primo produttore africano e sulla sua testa si sta svolgendo uno dei capitoli della guerra a pezzi in corso tra l’est e l’ovest libico. La Libia estrae 1-2 milioni di barili di petrolio al giorno, produzione che assicura la convivenza delle varie entità tribali. Produzione che però risente anche dei capricci tribali e delle difficoltà del governo. La Libia nei giorni scorsi giorni ha fermato l’estrazione in alcuni dei suoi pozzi.


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Infatti da martedì scorso il governo dell’est della Libia, quello del generale Khalifa Haftar, per contrasti poco trasparenti con il governo di Tripoli sulla figura del banchiere centrale Sadik Al Kabir ha chiuso (in parte) i pozzi sotto il proprio controllo. Al Kabir era nominato, ma in odore di sostituzione, dal governo di Tripoli riconosciuto a livello internazionale, retto da Abdulhamid Dbeibah. Il banchiere centrale, gestore unico dei proventi petroliferi libici, è gradito anche al governo di Haftar non riconosciuto, ma spalleggiato da russi e turchi. Fino a questo punto potremmo parlare di una disputa tribale di piccolo cabotaggio, dove personaggi locali, affamati, si contendono le risorse del territorio con poca valenza nello scacchiere internazionale. Ma se allarghiamo il campo, dalle ultime notizie ricevute, pare che la Libia dalla semi-chiusura dei pozzi abbia già perso 2 milioni di barili di petrolio in quattro giorni, valore circa 160 milioni di dollari.


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.Ma allarghiamo ancora l’orizzonte, basta seguire il denaro. Nonostante la crisi mediorientale il prezzo del greggio era in calo, lo stiamo vedendo anche alla pompa. Le grandi raffinerie cinesi sono in crisi per il calo della domanda dovuto alla crisi economica che sta attraversando la Cina, che addirittura ha smesso di pubblicare le statistiche della disoccupazione giovanile per la loro negatività. Pechino inoltre ha imposto nuove pesanti norme per frenare il debito locale, da sempre punto debole dell’economia cinese. Anche l’economia di guerra russa ha un tallone di Achille, perché dipende in larga parte dall’industria estrattiva ed è minacciata dal calo del prezzo degli idrocarburi. Anche se Lukoil, colosso petrolifero privato, attraverso l’agenzia Tass ha dichiarato per il 2024 un utile in aumento sull’anno precedente del 6,4%. Idrocarburi che la Russia per ora vende a prezzo da embargo direttamente alla Cina, all’India e con varie triangolazioni anche al resto del mondo.


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Apprendiamo da Bloomberg, inoltre, che l’esportazione di petrolio dai terminal Sakhalin nell’Estremo Oriente russo sta crescendo molto e che il Qatar sta cercando di acquisire una quota di collaborazione per le attività della Raffineria Rosnet di Schwedt in Germania, ora ferma poiché lavora solo petrolio russo. Con tale mossa il greggio russo potrebbe essere triangolato dal Qatar. Il flusso del gas russo all’Europa, molto aumentato nel 2024, attraverso l’Ucraina, finirà per contratto con i russi di Gazprom a dicembre 2024 ed il Cremlino ha già fatto sapere che questo farà aumentare di molto i costi per gli europei. Comunque, visto il controllo ucraino sul gasdotto di Suzdha nel Kursh magari il tubo salterà anche prima. Ma lo stop all’estrazione petrolifera del più grande produttore africano, che sembra da lontano nulla più di una zuffa tribale per le risorse, avrebbe influito sui prezzi del greggio facendo un ottimo servizio al Cremlino, per l’aumento delle esportazioni e dei prezzi. Tempestivo l’annuncio dell’OPEC che rivela l’intenzione, solo l’intenzione, di aumentare la produzione per stimolare i consumi. Questo apostrofo in mezzo alle mosse del risiko mondiale è bastato a freddare i mercati ed a rendere inutili tutte le altre manovre.

Da notare anche che la Libia non ha mai fatto mancare le sue risorse agli europei, e specialmente a noi italiani, fin dai tempi di Gheddafi. Questa crisi della produzione, ufficialmente scatenata da un governo non riconosciuto, nasce dai contrasti poco chiari contro il governo libico riconosciuto. Eventuali danni che potrebbero arrivare dal blocco ai paesi occidentali non sarebbero dunque da addebitabile al governo libico regolare. Il governo di Tripoli, quindi, non sarebbe esposto ad eventuali ritorsioni e potrebbe continuare a beneficiare di tutti i dossier aperti con i Paesi occidentali.

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