La Diocesi di Belluno e Feltre si oppone alla dispersioni delle ceneri sulle Dolomiti, una pratica diffusa ma non condivisa dalla Chiesa
Nella diocesi di Belluno e Feltre, l’argomento della dispersione delle ceneri sulle Dolomiti si è trasformato in un tema di discussione più che acceso tra la Chiesa e le esigenze delle famiglie, lasciando il vuoto di una riflessione che si fa sempre più intensa ma anche contorta.
Se da un lato le diocesi hanno espresso una netta contrarietà verso questa pratica, temendo che essa possa svilire la sacralità del rito funebre, dall’altro c’è chi vede in questa libertà un gesto liberatorio, una nuova modalità di rendere omaggio alla memoria dei propri cari, lontano dai dogmi religiosi, più vicini alla natura, in sintonia con un mondo che ci appare sempre più instabile e, in qualche modo, incerto; ma cos’è davvero la dispersione delle ceneri?
Si tratta di un atto simbolico di liberazione, come sostiene chi la pratica, o un’indecorosa trivializzazione di un rito che affonda le sue radici nel senso di comunità e nella sacralità delle tradizioni religiose?
Il consiglio presbiterale della curia di Belluno e Feltre del 24 marzo ha voluto esprimere la sua posizione riguardo alla crescente diffusione della dispersione delle ceneri, sottolineando come tale pratica, sempre più radicata nella provincia, sollevi interrogativi sul valore spirituale e pastorale dei riti funebri, tanto che nel comunicato rilasciato si legge chiaramente come tale rito, sebbene sia ampiamente diffuso, non risulti condiviso e che la necessità primaria risieda nell’individuazione di una linea comune e unitaria.
La Chiesa, con un’analisi che suona quasi fin troppo severa, ha indicato una necessità di coerenza e di ritorno a un rito funerario che sembra essere troppo facilmente trascurato in una società sempre più individualista e meno incline al senso di comunità, tanto che la curia non si è limitata a parlare della semplice dispersione delle ceneri, ma ha anche posto l’accento su un più ampio dibattito che ruota attorno alla necessità di un ritorno alla ritualità cristiana, quella che non si disperde nel vento, ma che rimane viva nel cuore delle comunità cattoliche.
Il vescovo Marangoni, in una dichiarazione breve ma decisamente incisiva, ha ribadito che l’orientamento della Chiesa su questi temi è conosciuto da tempo: «Non abbiamo detto niente di nuovo, l’orientamento della Chiesa su questo argomento è noto da tempo. Non ho altro da aggiungere rispetto a quanto abbiamo diffuso a mezzo stampa», mettendo in evidenza che ogni deviazione da questi principi rischia di minare la sacralità stessa dei funerali, sostituendo il rito con una serie di atti privati e privi di significato collettivo.
Non solo la dispersione delle ceneri viene messa sotto accusa, ma anche la crescente pratica di celebrare esequie fuori dai luoghi tradizionali, come nel caso delle Dolomiti o le case funerarie, rischia di fare della morte un evento individuale che si vive al di fuori della comunità ecclesiastica e, quindi, senza il suo indispensabile sostegno spirituale.
Ceneri e libertà: quando la loro dispersione diventa un rituale di intimità
La questione della dispersione delle ceneri tocca un nervo scoperto che trascende la semplice pratica religiosa: c’è infatti un valore simbolico che si lega indissolubilmente alla morte. L’atto di disperdere le ceneri rappresenta la libertà, la scelta di sfuggire a un destino preordinato e alle convenzioni.
Risulta curioso come, in altre culture, gesti simili siano profondamente radicati e pieni di significato, talvolta perfino venerati: pensiamo, ad esempio, alla tradizione indiana delle cremazioni sulle rive del Gange, dove le ceneri vengono restituite all’acqua in un gesto che segna la fine del ciclo della vita terrena e l’inizio di una nuova dimensione spirituale, dove la dispersione non è solo un gesto fisico, ma una transizione, un passaggio che fa parte del rito.
In Europa, invece, il significato di questa pratica è stato mal interpretato da una parte della società, che ha visto nella dispersione delle ceneri una sorta di affronto alla sacralità della morte, un segno di scarsa riverenza e rispetto per i valori tradizionali.
Ma è proprio nel contrasto tra la visione religiosa e quella individualista che emerge l’essenza del dilemma contemporaneo: se da una parte la Chiesa ci invita a custodire il corpo, simbolo di una speranza che va oltre la morte, dall’altra c’è chi vede nella dispersione un atto di liberazione, come se la polvere della terra, finalmente libera di girare nel vento, rappresentasse un ritorno all’essenza pura dell’individuo, definitivamente libero dalla pesantezza della storia e della tradizione.
In un mondo che sembra camminare su un filo sottile, tra la necessità di rispettare la memoria storica e il desiderio di rendere omaggio alla propria intima sensibilità, la dispersione delle ceneri diventa un atto simbolico che segna la fine di un’era e l’inizio di una nuova concezione del rapporto tra vita, morte e memoria, e, mentre il dibattito continua a infiammarsi, la domanda più scomoda e provocatoria che possiamo porci è questa: stiamo davvero cercando di onorare i defunti o semplicemente stiamo tentando di sfuggire a un rituale che ormai ci sembra troppo lontano dalla nostra realtà?
