CHRIS THILE/ “Laysongs”: il canto di chi non crede ma cerca Dio

- Paolo Vites

Il mago del mandolino Chris Thile ha pubblicato il suo primo disco dove appare completamente da solo, ispirato in parte al libro Le lettere di Berlicche di CS Lewis

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C’è un fenomeno di ampia portata e in continua crescita negli Stati Uniti, ma ormai in tutto il mondo occidentale, Italia compresa. Sono i “nones” in inglese, i “nessuna, nulla”. Sono coloro che nei sondaggi a natura religiosa rispondono appunto di non credere in “nessuna religione”. Secondo il Public Religion Research Institute ha quasi un quarto degli americani si identifica non credente in nessuna religione e il 36% di questi sono giovani adulti. Atei, dunque, niente di nuovo, ma per la Chiesa un fenomeno preoccupante che spinge a pensare a un imminente crollo della religione organizzata. Ma ovviamente, fenomeni come questo vanno, o almeno andrebbero, analizzati partendo dai casi singoli, mancando le statistiche da sole della complessità e delle sfumature dell’esperienza individuale. Si dovrebbe partire sempre dall’esperienza personale, per capire le persone.

Un buon modo potrebbe essere quello di ascoltare il nuovo disco dell’ex enfant prodige del bluegrass, l’americano Chris Thile, membro fondatore del gruppo di grandissimo successo dei Nickel Creek. Thile alcuni anni fa si esibì anche a Milano in coppia con lo straordinario pianista jazz Brad Mehldau. Cresciuto in una famiglia evangelica di tipo fondamentalista, oggi si definisce agnostico, non credente. E’ considerato il miglior suonatore di mandolino al mondo e oggi è il leader dei Punch Brothers, un gruppo bluegrass dalle capacità strumentali vertiginose e l’uso di una satira politica brillante. Ma nel suo primo autentico disco solista, dove cioè appare solo lui, il musicista ha preferito cantare la sua lotta per credere.

Non lo accompagna nessuno, basta Thile, la sua voce e il suo mandolino, sei brani originali e tre cover. Registrato in una chiesa ristrutturata nello stato di New York durante la pandemia, il fulcro di Laysongs è  Salt (in the Wounds) of the Earth,“Sale (nelle ferite) della Terra”, suddiviso in tre parti, che è stato ispirato dal famosissimo libro Le lettere di Berlicche di CS Lewis. L’album contiene anche una canzone che Thile ha scritto su Dioniso; un’esecuzione del quarto movimento della Sonata per violino solo di Béla Bartók; God Is Alive, Magic Is Afoot basato sull’adattamento della cantautrice Buffy Sainte-Marie di una poesia di Leonard Cohen; una cover di Won’t You Come and Sing for Me della leggenda del bluegrass Hazel Dickens e un originale strumentale liberamente modellato sul Preludio della Partita per violino solo in mi maggiore di JS Bach. Nella sua nudità ed essenzialità è un disco affascinante, anche inquietante, pieno di sentimento e mistero cantato in maniera sublime. Thile sa infatti esprimere tutta la sofferenza della sua ricerca, la lotta contro il male che, anche se non credente, sente ben presente nella vita.

Il suo è stato un percorso lungo e tortuoso, in una lotta, ben descritta nel brano  Doubting Thomas dove ancora diciannovenne Thile esprimeva sia il desiderio di “essere usato per aiutare gli altri a trovare la verità” sia la paura di “trovare la prova” che la sua fede “è una bugia”. Sebbene oggi non appartenga ad alcuna chiesa, Thile sente ancora l’impulso di appartenere a qualcosa di più grande di lui. Ma dove trovarlo?

Questa sensazione di sradicamento è parte di ciò che ha portato Thile a creare Laysongs, il tentativo di ricreare la sensazione di unità che deriva dal riunirsi, anche se la pandemia ha tenuto tutti separati. Thile ha immaginato Laysongs come una raccolta di inni per i senza chiesa .

In nove straordinari pezzi il musicista abbraccia dubbio, disperazione e persino estasi di lodi, esalta il valore della comunità: riunirsi porta conforto, catarsi e saggezza condivisa dagli afflitti.

Eppure Thile lamenta il disorientamento del paesaggio post-religioso, dove “le nostre anime sono sciolte/ E niente è sacro o profano”, uno stato che ha lasciato tutti “senza fiato” (Laysong). Gli umani sono “una specie in guerra/Con se stessa dal giorno in cui è nata” (Dioniso). La morte è sempre presente e molto temuta (Salt (in the Wounds) of the Earth) e il narratore anela a un aldilà, “dove non c’è più triste separazione”.

Nonostante tutti i suoi dubbi, Thile non ha problemi a riconoscere la presenza del male. In Laysong, esorta la congregazione a “soffocare il nemico”, piangendo stancamente di “averne avuto abbastanza per la settimana”. In Sale (iIn the Wounds) of the Earth la ruminazione in tre parti di Thile su Le lettere di Berlicche di CS Lewis, i demoni moderni cercano di demolire la fede con le loro accuse. Come sempre accade con il male, non c’è niente di nuovo nella tattica dei demoni; il loro argomento principale contro la religione è l’ipocrisia dei credenti. I fedeli armano la religione come “una torcia da portare per i salvati/ Su tutti i peccatori” e “[strofinano] sale nelle ferite della terra/ Nel nome di un salvatore”, cercando di rafforzare il proprio ego piuttosto che raggiungere lo smarrito. Alla fine del ciclo di canzoni, i demoni celebrano il trionfo: hanno reso la fede del tentato “debole e schiacciante”. Le sue formidabili doti musicali emergono in maniera totale. Mentre i demoni raggiungono un crescendo frenetico, succede anche a lui. La sua voce gracchia e il suo modo di suonare diventa stridulo e urgente. C’è una disperazione nei suoi tremoli e pizzichi; suona come se credesse che se solo potesse strimpellare forte e abbastanza velocemente, metterebbe a tacere i suoi demoni una volta per tutte. C’è molto di più in gioco qui che cantare una canzone.

Ma Laysongs esprime anche il desiderio di Thile di incontrare il divino. Nel lamentoso e tenero  Dioniso implora di essere condotto “in qualche luogo santo”, offrendo in cambio un culto che è insieme giocoso e sincero (“Ti canterò ciò che vedo, Signore/…/ Ti canterò balla quello che sento”).  L’esuberanza di Thile evoca qualcuno che riconosce (giustamente) che gli sono stati dati molti doni e vuole restituirli, anche se potrebbe non sapere a chi.

Preso nel suo insieme, Laysongs pone domande urgenti su questioni di fede, il tipo di domande che tutti noi incontriamo prima o poi: si può riconoscere la realtà del male e della morte senza soccombere alla disperazione? Può esistere ipocrisia in presenza della verità? Come possiamo radunarci senza denigrare coloro che sono al di fuori dell’ovile? E come si può vedere tutte queste tensioni e osare ancora crederci?

Queste domande, se non trovano risposta, ricevono una risposta sorprendente nello zenit estatico dell’album, God Is Alive Magic Is Afoot. Un’effervescente rivisitazione di una canzone folk del 1969 di Buffy Sainte-Marie, God Is Alive, mostra il virtuosismo di Thile al suo meglio. Suona (e canta) come se avesse trovato la notizia che il mondo ha sempre aspettato.

God Is Alive è quanto di  più vicino a una dichiarazione di fede. Il testo è stato scritto dallo scomparso cantante e poeta ebreo Leonard Cohen, che amava fare riferimento a Cristo nella sua opera. Con un linguaggio mistico e contorto, Cohen racconta di stolti miscredenti (“Anche se le montagne danzavano davanti a loro/ Dissero che Dio era morto”) e la resilienza della fede (“Anche se la sua morte fosse stata resa pubblica/ Intorno al mondo/ Nel cuore non credono”), dei propositi di Dio che persistono nonostante l’ipocrisia di coloro che “hanno chiuso a chiave le loro casse”. Più sorprendente di tutto, Cohen scrive – e Thile canta – della realtà della Resurrezione: “Anche se i suoi sudari furono issati/ Il Dio nudo visse”.





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