IL PARTITO DEL FAMILY DAY?/ Adinolfi ci prova (con Ferrara), ma è solo egemonia stile Pci
Il Family day scende in politica: “lavoreremo alla costruzione di liste del Popolo della Famiglia in vista delle amministrative di primavera”. Lo ha detto Mario Adinolfi. MAURIZIO VITALI

Mario Adinolfi è pettinato come Donald Trump, solo che non è ossigenato. Tutt’e due parlano alla pancia. Donald alla pancia della vecchia America puritana e arroccata sulla difensiva perché sente più minacce che sogni; Mario alla pancia del Popolo della Famiglia. Donald non si appoggia all’aiuto di Dio, è pieno di dollari. Mario sì. L’ossigenato yankee corre per le presidenziali Usa, il borgataro nostrano vuol correre per le amministrative italiane. Unicuique suum. “Con l’aiuto di Dio e con la benevolenza della Vergine Maria, faccio un movimento per salvare l’Italia”. E vai, Mario!
Mario Adinolfi sa che manca poco al voto per la guida delle amministrazioni locali, ma “il Signore ha voluto così, la Madonna l’è stada contenta”, come mormorava mia suocera, lui si mette in lizza per salvare l’Italia dal baratro. Lui? Noi, non lui. Il popolo del Family Day. Ohibò.
Arimortis. Com’è questa storia che da un grande movimento morale e a-politico di piazza si vuole passare tosto col piattino a raccogliere voti alle amministrative?
Ripasso di storia. Referendum sul divorzio del 1974. Nessuno dei giuristi cattolici, cervello dell’operazione, si mise in testa di fare il politico: Gabrio Lombardi, che ne era l’illustre leader, continuò la sua missione di docente. Grande dignità. E i politici che tiravano le fila erano Fanfani e Almirante, mica bruscolini.
Referendum contro l’aborto: leader del Movimento per la Vita era l’avvocato onorevole Carlo Casini: era già in politica, seppe in modo esemplare condurre l’azione senza strumentalizzazioni politiche, chapeau!
Il primo che pensò di fare di una battaglia ideale (contro l’aborto) la base per un partito fu Giulianone Ferrara. L’uomo ha un’intelligenza più pesante della sua stazza; ha il rigore di una formazione e di una prassi marxista nel fu Partito (avercene!); e ha trasportato tutto ciò in un rovesciamento teo-con, che conserva a mio avviso i criteri di fondo. Con tutto ciò, sbagliò i conti: il suo partito ebbe lo 0,3 per cento, cioè nulla. I no all’aborto erano stati il 32 per cento.
Giulianone ha una cultura ammirevole, il marxismo è una roba teoreticamente seria, anche nel suo rovesciamento anti-comunista, penso appunto a Ferrara, a Lucio Colletti, a Pansa, e diversi altri ravveduti… Solo che il marxismo, di dritto o di rovescio, ha il problema dell’egemonia. Se c’è un movimento nella società, qualcuno che lo interpreti correttamente lo dovrà guidare sul ring del potere politico, se no è inutile. Storicamente questa cosa, su cui Gramsci spremette egregiamente le meningi, riuscì solo con la violenza rivoluzionaria. Cioè in realtà non riuscì mai. In ogni caso non riuscì a Ferrara.
Adesso passiamo da Gramsci, via Ferrara, a Mario Adinolfi. La strada non è propriamente in salita. Gli riuscirà il giochino dell’egemonia, cioè dell’uso politico-elettorale della gente del Family Day, pur senza avere né la granitica ideologia di un Gramsci, nè l’acume sperimentato di Ferrara? Attenzione; Adinolfi, se si va a vedere la voce in Wikipedia, è un politico, un giornalista, e fin qui ci siamo. Ma anche un giocatore di poker di livello internazionale. Ha vinto premi e denari con l’azzardo delle carte. Lì ha dato il meglio di sé, mentre onorevole lo è diventato solo perché, da primo degli eletti, gli è capitato di prendere il posto a Montecitorio di un deputato divenuto sindaco di Civitavecchia. A Mario il Gambler hanno chiesto se non ha considerato che farà la fine (politica) di Ferrara. Lui, candido: il progetto di Ferrara era tutto incentrato su un solo tema, l’aborto, e una sola persona: lui stesso. Io ho con me un popolo. Poi quel popolo, che alla famiglia e ai valori ci tiene, vota un po’ l’odiatissimo Alfano, o Grillo, o Renzi, o Berlusconi, o… Lo sai Mario? Occhio a non restare come quei politici che hanno i voti dei familiari e basta. E poi, sei sicuro di avere il voto della tua prima moglie? Il divorzio non aiuta il consenso. E della seconda, sposata nella patria dei tavoli da gioco, Las Vegas? Non sarà che ti voti Trump, che in fatto di capelli e di battaglia per i valori ti batte alla grande?
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