1936. Germania. Al pensatore cattolico Theodor Haecker il regime nazista impone l’obbligo di non scrivere più. Aveva definito “bestia” il Fuehrer. Gli viene concesso solo di tradurre. E lui si butta su un autore che già aveva scoperto negli anni ’20, che aveva apprezzato per la sua vivezza e profondità e che lo aveva condotto, lui luterano appassionato di Kierkegaard, alla fede cattolica. Haecker era un convertito. Dopo l’intervento censorio del Terzo Reich Haecker si dedica perciò – oltre che a tenere, in segreto, un diario personale di quegli anni bui – a tradurre in lingua tedesca quel suo autore prediletto.
1942. Seconda Guerra Mondiale. Un tenentino tedesco della Wehrmacht viene spedito sul fronte russo a Mariopol (città di Maria), la sua fidanzata gli invia un libro, lui, dopo averlo letto, la ringrazia per quelle “gocce di vino prezioso” e scrive “Che inganno prendere la natura a nostro modello per le nostre azioni e descrivere come ‘grande’ la sua crudeltà… Ma noi sappiamo da chi siamo stati creati e che siamo in un rapporto di obbligo morale con il nostro Creatore. La coscienza ci dà la capacità di distinguere tra bene e male”. Questo soldato di Hitler lascia con l’ultimo volo disponibile Stalingrado, sopravvive alla disfatta nazista in terra russa. Al ritorno in Germania scopre che la fidanzata è appena morta.
Lui si chiama Fritz Hartnagel, la sua fidanzata Sophie Scholl, l’autore del testo letto in trincea è John Henry Newman, la traduzione tedesca è di Theodor Haecker.
La sua amata Sophie era stata giustiziata dalle autorità naziste in quanto membro attivo del circolo di giovani antinazisti della “Rosa Bianca”. Theodor Haecker, molto più anziano, era stato loro mentore e, nei loro incontri periodici, aveva fatto conoscere a quei ragazzi il pensiero e la figura di Newman, perché riteneva la sua idea di coscienza come “voce di Dio” un efficace scudo protettivo contro le dottrine idolatriche ed atee del regime. Newman antidoto a Nietzsche. Così il giovane Fritz, in trincea, aveva trovato conforto spirituale nei Sermoni del giovane Newman.
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Nel 1946, nel seminario di Frisinga, vicino Monaco di Baviera, un giovane seminarista si abbeverò avidamente a quei testi newmaniani resi da poco accessibili in Germania dalla traduzione di Haecker, morto nel 1945. Quel seminarista si chiamava Joseph Ratzinger.
Si comprende perciò il debito di gratitudine e l’urgenza interiore avvertita da Benedetto XVI davanti a Newman 65 anni dopo, si comprende la sua tenace volontà di beatificare di persona (contravvenendo alle sue stesse disposizioni secondo cui il Pontefice procede solo alle canonizzazioni in San Pietro, mentre le beatificazioni sono affidate ai vescovi locali) colui che fu per i disorientati cattolici tedeschi una lanterna di fede nel vento furioso del totalitarismo (“Windlicht”, il nome del giornalino della Rosa Bianca. Recenti studi hanno rinvenuto nei volantini antinazisti dei ragazzi bavaresi, espressioni ed idee prese in prestito dal teologo inglese via Haecker).
Se questa drammatica e sfavillante vicenda non bastasse si può anche aggiungere lo straordinario valore ecumenico insito in quella storia. Infatti i Sermoni newmaniani, che la casa editrice Lindau meritoriamente mette ora a disposizione – ovviamente una scelta perché l’edizione completa dei Sermoni riempie otto volumi, però una scelta fatta da Newman stesso, che evidentemente giudicava i tredici qui proposti i “meglio riusciti” – sono testi risalenti alla giovinezza anglicana di Newman, sono prediche tenute nella chiesa di Saint Mary a Oxford. Dopo la conversione al cattolicesimo nel 1845 Newman li ripubblicò tali e quali, non c’era bisogno di correzioni “confessionali”.
Abbiamo scelto di proposito di non riassumere le loro tematiche, perché lo scintillio spirituale che da essi promana andrebbe perduto con un approccio classificatorio; di Newman, stante la sua sopraffina vena stilistica, non si può fare un Bignami. Questi Sermoni sono un autentico dono per tutti coloro che vogliono immergersi nei tesori della fede cristiana nonchè un utilissimo regalo da fare a tanti sacerdoti di oggi affinchè, quando la domenica salgono sul pulpito per l’omelia, tengano a mente questo straordinario esempio, vecchio di quasi due secoli fa e dissetante come fresca acqua di sorgente.