Restare uniti anche quando l’amore della propria vita viene colpito da una grave malattia è possibile. Cesare Bocci e la moglie Daniela Spada ne sono la dimostrazione: nel 2000, infatti, la donna è stata colpita da un ictus poco dopo avere dato alla luce la loro unica figlia, Mia, un problema che ha inevitabilmente cambiato in modo drastico la loro quotidianità. L’attore, però, non si è perso d’animo e ha fatto il possibile per non sostenerla e non lasciarla sola.
E a distanza di tempo il conduttore di “Viaggio nella grande bellezza” non è minimamente pentito della scelta fatta: “Quello che ci tiene insieme è che siamo tanto diversi ma abbiamo tanto in comune. Bisogna però non essere invadenti e rispettare gli spazi dell’altro” – aveva raccontato a Serena Bortone, ospite di ‘Oggi è un altro giorno’.
Daniela Spada e Mia Bocci: i grandi amori di Cesare
L’ictus ha colpito Daniela proprio nel suo momento più felice, mentre era intenta ad allattare la sua piccola Mia. I primi tempi sono stati difficilissimi, ma la determinazione della donna e il sostegno del marito si sono rivelati fondamentali per tornare almeno parzialmente alla normalità: “Nessun medico scommetteva sulla possibilità che potesse tornare a camminare – ha raccontato l’attore a ‘OK Salute e Benessere’ -. E, in effetti, tornata a casa, dovette stare a lungo sulla sedia a rotelle. Parlava poco e male, comunicava con gli sguardi. Sentivo di avere una grande responsabilità nei confronti di mia figlia, non volevo farle mancare niente”.
Doversi occupare da solo della sua bambina lo ha reso attento anche a chi è in difficoltà: “Questo tsunami inaspettato, che ha rischiato di trascinarmi verso il fondo, mi ha dato molto, mi ha reso più sensibile al tema della solidarietà. Ne abbiamo ricevuta tanta e abbiamo tentato di restituirla cercando di aiutare gli altri. L’avere fatto il ‘mammo’ mi ha spinto ad abbracciare la causa dei bambini in difficoltà. Raccolgo fondi per Save the Children e ho stretto un legame speciale con i ragazzi disabili di Anffas Onlus. Ho agito con il cuore, ma penso di avere commesso degli errori quando Mia era piccola. Poiché Daniela non riusciva a tenerla bene in braccio, a darle il latte e a leggere le favole, con un atteggiamento iperprotettivo la esoneravo dal ruolo di mamma. Mia cresceva così senza quel profondo contatto materno di cui i bambini hanno bisogno come l’aria”.