I caregiver che si prendono cura di familiari disabili sono spesse donne. Occorrerebbe aiutarle in modo forte e deciso
In questi giorni si riflette sul contrasto alla violenza sulle donne ancora marcatamente presente sotto forme diverse, ma che spesso non emergono nel quotidiano. È un dato ormai ben conosciuto che il lavoro di cura in ambito familiare e non solo in presenza di una disabilità è percentualmente – se non maggiormente – in carico alle donne e si discute animatamente sulla proposta di legge che la Ministra Locatelli ha giornalisticamente anticipato e discusso in question time in parlamento il 19 u.s., dove sono emerse alcune questioni relative ai/alle caregiver familiari, che sappiamo in percentuale del 93% essere figure femminili.
Ben sappiamo che questa norma attende da parecchi anni di essere regolata per assicurare a coloro che svolgono volontariamente questo ruolo determinante per la dignità del proprio familiare, con un riconoscimento da parte dello Stato veramente modesto a fronte della fatica e del vero e proprio sostegno a un welfare dei servizi assolutamente inadeguato. Abbiamo famiglie con disabili adulti, adolescenti e minori e nel ciclo scolastico sebbene la legge 18/2009 sancisca il diritto all’educazione su base di uguaglianza, senza discriminazioni e con la predisposizione di accomodamenti ragionevoli per favorire la piena partecipazione scolastica.
La dotazione degli insegnanti di sostegno è ancora drammaticamente inadeguata. Sia dal punto di vista numerico che della preparazione professionale. Un principio ribadito peraltro recentemente dalla sentenza 12/2025 del Tar del Lazio, nella quale i giudici amministrativi hanno chiarito, rispetto a una richiesta di una madre, che il diritto all’istruzione e all’integrazione scolastica degli alunni con disabilità deve essere garantito indipendentemente dalle risorse disponibili.

Collegandoci dunque alla questione caregiver familiari che peraltro sono anche recentemente chiamati e coinvolti nella famosa legge sulla non autosufficienza – il decreto 62/2024 – come parte fondamentale della costruzione del progetto di vita, appare molto fragile la proposta di ddl di sostegno leggendo i documenti contabili che accompagnano la Legge di bilancio 2026, sia per le modalità previste, sia soprattutto per il numero dei possibili beneficiari.
I numeri della disabilità li conosciamo e spesso ne abbiamo scritto su questo giornale, ma se nel ddl sarebbero 43.125 i caregiver dai calcoli contabili basati su 207 milioni si esclude oltre il 98% della platea reale dei caregiver familiari, stimabile (secondo dati Istat e Inps) in almeno 2,2 milioni di persone che oggi si prendono cura dei familiari, con una percentuale del 50% di minori. È evidente , quindi, che si rischia di deludere aspettative molto forti.
Assicurare alle caregiver familiari un dignitoso sostegno economico significa sostenerle e riconoscere loro un vero e proprio indispensabile aiuto alla società e al sistema che trascura la disabilità e scarica sui familiari tutto l’onere di accompagnarli, sacrificando spesso la propria vita e la libertà nonché l’indipendenza economica, ovvero un lavoro retribuito per dedicarsi al lavoro di cura.
Dunque, mentre si avvicina la giornata dedicata alla lotta contro la violenza sulle donne, torniamo al loro diritto di avere un’indipendenza economica, che evita spesso la sottomissione all’aggressione, che si conquista anche con servizi ai nuclei familiari soprattutto quelli vicini alla soglia di povertà, dove un reddito e salario unico in presenza di persona disabile – e non di una donna – è una concreta e dura realtà.
Oggi i numeri dei minori disabili inseriti nel percorso educativo sono disarmanti: nell’anno scolastico scorso erano oltre 359mila gli studenti con disabilità iscritti negli istituti e il 20% di loro non è autonomo in nessuna attività di base come comunicazione igiene, mobilità, alimentazione . Le conseguenze per la loro cura, e non solo, sono evidenti.
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