Il Presidente colombiano Petro ha scelto come consulente sulla spinosa problematica "cocacolera" un criminale accusato di oltre 600 omicidi
Che il Presidente della Colombia Gustavo Petro (di origini e cittadinanza italiana) sia un personaggio discusso da tempo lo si sapeva: ma ultimamente la sua figura è al centro di scandali anche mediatici, specialmente per un suo discorso a New York nella sede delle Nazioni Unite, dove non solo ha detto al Governo statunitense di non intromettersi nella politica interna del suo Paese, ma ha invitato i soldati americani a ribellarsi al Presidente Trump, ottenendo l’immediata espulsione dal Paese e provocando un incidente diplomatico di prim’ordine.
Ovviamente un simile atteggiamento ha subito riscosso il favore della sinistra radical-chic di alcuni Paesi europei e la sua figura è già entrata nel gotha dell’esaltazione come se si trattasse di un eroe rivoluzionario.
In pratica, come tutti sappiamo, la storia della Colombia per anni è stata dominata dai cartelli della droga che hanno pure operato a livello militare attraverso la creazione delle Farc, Forze armate rivoluzionarie colombiane, un esercito “del popolo” (come ama definirsi) in puro stile guevarista, ma al servizio dei capi del narcotraffico: armatissimo ed estremamente efficiente ha immerso il Paese in una vera guerra civile per molti anni, fino ad arrivare a una tregua (poi mai avvenuta) e anche tentare di trasformarsi in un movimento politico, senza però mai lasciare da parte la proprio origine armata.
Questa vera e propria guerra civile negli anni alla fine è stata vinta dallo Stato sotto la guida dell’ex Presidente Uribe che nel 2002, eletto a furor di popolo dopo il mancato trattato di pace con le Farc, fatto dal suo predecessore Andres Pastrana, visse una situazione molto particolare, essendo l’unico Presidente moderato in un continente latinoamericano costellato di governi di sinistra ma soprattutto con il Venezuela di Hugo Chavez che appoggiava direttamente la lotta armata dell’avversario. Ma la tenacia di Uribe alla fine provocò sconfitte memorabili al punto che le Farc dovettero iniziare trattative di pace con il suo successore, l’ex ministro della Difesa Juan Miguel Santos.
Una situazione quindi che, nonostante la firma di un accordo di pace siglato il 24 novembre 2016 a Bogotà, che avrebbe dovuto portare alla fine di un conflitto durato 52 anni, non si è mai completamente risolta sopratutto perché, lo ripetiamo, il potere dei narco, quasi monopolizzato dal loro capo storico Pedro Escobar, pur se attualmente diviso in più cartelli, mantiene un controllo molto forte nel Paese, al punto che, nelle elezioni del 2022, per la prima volta un Presidente di sinistra vinse in maniera schiacciante: Gustavo Petro, ex guerrigliero e Sindaco di Bogotà.
Pur promettendo ai narco disposti a sottoporsi alla giustizia un trattamento speciale che nella sostanza bloccava l’estradizione dei criminali negli Usa per essere giudicati per la quantità di crimini commessi in questa nazione, le sue politiche hanno sempre avuto un “occhio di riguardo” nei confronti di queste organizzazioni: accusato da molti di aver anche usato soldi dei cartelli, il Presidente si supera e non trova di meglio che nominare come consulente governativo sulla spinosa problematica “cocacolera” un criminale accusato di oltre 600 omicidi, Salvatore Mancuso, ex capo indiscusso delle Auc (Autodefensas unidas de Colombia), il più sanguinario gruppo militare attivo a Bogotà.
La figura di Petro è quindi stata sempre discussa proprio per questo, ma anche per il suo appoggio incondizionato sia ai regimi dittatoriali comunisti del Venezuela e Nicaragua, che al Brasile di Lula e anche, in passato, all’ex Presidente boliviano Evo Morales.
Il suo discorso alle Nazioni Unite, ma anche nelle sue mosse successive come ad esempio l’espulsione del corpo diplomatico israeliano dalla Colombia e la revoca del trattato di libero scambio con Tel Aviv in occasione dello stop alle imbarcazioni della Global Sumud Flotilla, in definitiva hanno alterato profondamente le relazioni della Colombia con l’Occidente, ma, come ripetiamo, lo hanno trasformato in un eroe di alcuni gruppi estremisti di sinistra in Europa (Italia compresa) proprio in coincidenza con le sue misure nella questione della stranissima flotta che, a quanto pare, prevede altri tentativi di sbarco a Gaza in quella che ormai in moltissimi considerano come una gigantesca operazione bluff mediatica
dove un Occidente ormai votato al suicidio politico del cosiddetto “progressismo” pare aver trovato la reincarnazione del Che Guevara, personaggio che ormai tutti conoscono per essere stato l’esatto contrario della sua agiografica santificazione, sempre mediatica.
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