Ieri a 94 anni è scomparso Emilio Fede. Ha cambiato, a modo suo, la comunicazione della notizia. Alla fine è stato dimenticato dagli amici

Emilio Fede è morto ieri all’età di 94 anni in una residenza sanitaria del milanese. Ha avuto una vita intensissima, fatta di luci e ombre. Successi e disavventure, anche giudiziarie. Il giornalismo per lui era diretta, contemporaneità. A torto o a ragione ha fatto della presenza, della sua presenza, il tratto distintivo della notizia.



La sua carriera inizia in Rai, prima come inviato in zone di guerra, poi come direttore del Tg1. In occasione della tragedia di Vermicino, nel 1981, è lui a volere subito le telecamere sul posto e a trasformare quell’evento in un’interminabile cronaca in diretta del dolore, che coinvolge l’Italia intera. E proprio su quella scelta iniziano le critiche.



Sul finire degli anni ottanta passa a Fininvest. Le reti di Berlusconi non hanno ancora la diretta, elemento fondamentale per la crescita del network e Fede è il protagonista dei primi esperimenti di telegiornali delle reti Mediaset.

Un suo annuncio, ancora in diretta, è il più grande scoop della sua carriera (qualcuno dice uno dei pochi scoop). Durante l’edizione serale del Tg del 16 gennaio 1991 dà per primo in Italia la notizia del bombardamento americano su Bagdad. È l’ormai celebre esclamazione: “Hanno attaccato!”.

Emilio Fede annuncia per primo l’attacco Americano in Iraq, 16 gennaio 1991 (foto da Youtube)

In Mediaset la sua carriera è legata al Tg4 ed anche in questo passaggio professionale firma il suo contributo originale. Conduce l’edizione principale della sera in prima persona, ma soprattutto conduce in piedi, spesso in mezza figura intera. Passeggia, gesticola. È un segno di discontinuità con la tradizione Rai, sia con le figure dei vecchi direttori, burattinai nell’ombra, sia con le posture rassicuranti dei vari conduttori, ripresi sempre seduti e in primo piano.



Nel Tg4 matura a poco a poco, senza un preciso progetto, quasi per caso, uno stile di conduzione che fa dell’improvvisazione e del fuori onda un elemento voluto e distintivo. Striscia la Notizia imbastisce intere puntate sulle sue intemperanze verso collaboratori e tecnici, riprese nelle pause dei servizi del Tg. Naturalmente Fede sa benissimo di esser ripreso e sta al gioco. Oggi è davvero impossibile distinguere i gestacci, le smorfie, le parolacce volate in studio veramente da quelle un po’ recitate.

Con Retequattro torna anche alla sua primitiva esperienza di inviato di guerra, guidando un settimanale di approfondimento, intitolato Password, di assoluto livello qualitativo, che nulla ha da invidiare ai blasonati programmi della concorrenza.

Ma Fede non era amato dai colleghi, perché era di parte e ne faceva un vanto, un merito. Impossibile dire se la sua partigianeria abbia favorito o no la politica di Silvio Berlusconi, a cui era legato da amicizia. Certamente era più realista del re (tutti ricordano le sue bandierine sulla cartina d’Italia dopo le elezioni amministrative del ’95) e a un certo punto Mediaset decise di privarsi della sua collaborazione, affidando a Giovanni Toti il Tg4.

Se professionalmente alcuni lo hanno giudicato in modo negativo, umanamente, per quanti lo hanno conosciuto di persona, come chi scrive, era un signore.

Fede è stato anche un uomo potente, ma negli ultimi anni è stato dimenticato dai suoi avversari e anche da certi suoi antichi amici. Alcuni dei primi oggi ne parlano persino bene, o benino. Di solito gli zeloti che lanciano pietre molte e pesanti sui loro nemici ritirano la mano quando questi vengono disarcionati o in fine muoiono.

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