Sono parole che gettano ulteriore benzina sul fuoco sulla Brexit quelle rilasciate da Donald Tusk, il presidente del Consiglio europeo. In una dichiarazione congiunta con il premier irlandese Leo Varadkar, il membro dell’UE ha parlato dell’opzione “remain”, ovvero che la Gran Bretagna non lasci più l’Europa, ipotesi impossibile da praticare: «Ci sono ancora 50 giorni prima dell’uscita del Regno Unito dall’Ue – le parole di Tusk – so che ancora un gran numero di persone nel Regno Unito e nel continente desiderano un’inversione di questa decisione. Ma al momento non esiste alternativa alla Brexit». Ma cosa c’è peggio di una Brexit? Una Brexit senza accordo, ipotesi che invece Tusk non si sente di escludere a priori nonostante tutte le parti in gioco stiano lavorando per evitare tale scenario: «Il senso di responsabilità – aggiunge Tusk – ci dice anche di prepararci per un possibile fiasco in caso di mancato accordo». Il presidente del consiglio europeo si è quindi rivolto ai Falchi che hanno caldeggiato apertamente l’uscita dall’Ue, augurando loro un posto all’infermo: «Mi chiedo come sia – scrive su Twitter – lo speciale posto all’inferno riservato a coloro che hanno promosso la Brexit senza neanche aver abbozzato un piano su come attuarla in modo sicuro». Inutile sottolineare come tali parole stiano creando un putiferio al di là della Manica. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
BREXIT: MAY A BRUXELLES GIOVEDI’
Giovedì prossimo la Primo Ministro inglese Theresa May volerà a Bruxelles per rinegoziare il nuovo, possibile, accordo sulla Brexit con il Presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker: nonostante anche nel recente passato, il n.1 dell’Ue abbia più volte rifiutato di rinegoziare il primo accordo stilato dopo due anni di trattative (e fallito in Parlamento Ue con la bocciatura del Governo May, ndr) probabilmente lo spettro di una hard Brexit o peggio di un no-deal completo tra Europa e Regno Unito può aver fatto cambiare idea ai vertici della Commissione. Di certo finora c’è che Theresa May intende illustrare giovedì a Bruxelles «nuove proposte per provare a superare l’impasse sul backstop», ovvero il meccanismo vincolante di salvaguardia del confine aperto in Irlanda che Westminster contesta aspramente. Lo ha annunciato il portatore di Downing Street senza però dare dettagli in merito a come la May intenda rivoluzionare il backstop, mantenendo sempre un confine non chiuso onde evitare di ritornare allo scontro irlandese indietro di 20-30 anni. In un discorso oggi a Belfast, la May ha ribadito come «Il governo britannico conferma il suo impegno assoluto per il rispetto dell’accordo di pace del Venerdì Santo e per il mantenimento di un confine senza barriere fra Irlanda del Nord e Irlanda anche dopo la Brexit».
TUTTE LE DATE CRUCIALI DELLA BREXIT
Ai colleghi di governo la sempre più in discussione Theresa May ha comunque confermato che la Brexit scatterà il 29 marzo, come previsto, pur insistendo sull’obiettivo d’arrivare a un accordo di divorzio: insomma, niente secondo referendum o no-deal, la leader Tory è convinta che sia possibile un margine di nuovo accordo con l’Europa in modo da rispettare tutte le scadenze. Oltre alla data del 7 febbraio con l’incontro a Bruxelles tra May e Juncker, restano da segnarsi sul calendario politico del fibrillante periodo pre-Brexit anche il 13 febbraio, quando la Premier terrà una relazione alla Camera in cui annuncerà le immediate intenzioni (anche se dovessero fallire i negoziati con l’Ue). Il giorno dopo, San Valentino, la May ha promesso di depositare anche una mozione emendabile dai Parlamentari in modo che la Camera possa avere la possibilità di votare quale sia per loro il migliore piano d’azione (se il suo “primo” o l’eventuale “secondo”). La scorsa settimana la May aveva ottenuto un emendamento che stabiliva in caso di mancata modifica dell’accordo i sottoscrittori dell’emendamento avrebbero votato l’accordo originale raggiunto dalla leader UK. Se poi ancora nulla cambierà, a fine febbraio ci sarà l’estremo tentativo della May di ripresentare il primo accordo, già bocciato a gennaio, per una Brexit con le attuali condizioni. Inutile dire che il rischio no-deal, a quel punto, potrebbe essere assai vicino..