Presto dovrebbe essere presa una decisione definitiva in Argentina sull'estradizione dell'ex terrorista delle BR Leonardo Bertulazzi
Come si sa, la Corte Suprema argentina ha formalmente dato il via libera all’estradizione dell’ex terrorista delle BR Leonardo Bertulazzi che fin dal 2002 era riuscito a fuggire nel Paese latinoamericano e in Italia era ricercato per dover scontre una condanna di 27 anni di carcere per il sequestro di Pietro Costa (della nota famiglia di armatori) avvenuto nel 1977 e con l’accusa di banda armata visto che, successivamente, il ricercato aveva avuto un ruolo importante nell’operazione che portò al rapimento e al successivo omicidio di Aldo Moro.
Ora siamo in attesa non solo della firma del Presidente argentino Javier Milei, che autorizzi l’operazione di estradizione, ma anche di tutto l’iter che confermi la fine della condizione di rifugiato con la quale Bertulazzi aveva finora evitato il compimento della sentenza alla pena prevista.
Abbiamo chiesto a tal scopo chiarimenti al capo Gabinetto del ministero della Giustizia argentino, la Dott.ssa Maria Florencia Zicavo. che è anche responsabile della Commissione nazionale per i rifugiati (Conare).
Il caso dell’ex terrorista italiano delle BR, Bertulazzi, che è stato arrestato due volte in Argentina, ma ha goduto dello status di rifugiato, ha avuto una ripercussione importante in un Paese (l’Italia) che ancora dopo più di 50 anni dai sofferti (anche in Argentina) “anni ’70” continua a dare la caccia a personaggi di organizzazioni terroristiche che si erano rifugiati all’estero, specialmente in Francia e in America latina. L’importante decisione della Corte Suprema argentina sul caso si può ritenere effettiva al processo di estradizione o possono ancora sorgere problemi come nel recente passato, visto che la stessa Corte ha sottolineato come con la sentenza emessa lascia senza nessun effetto gli eventuali reclami sulla condizione di rifugiato?
Ovviamente l’estradizione è confermata dalla decisione presa dalla Corte Suprema. Senza conseguenze sulla stessa è presente attualmente davanti alla Corte stessa una causa d’impugnazione dell’atto amministrativo tramite la quale la Conare ha di fatto interrotto lo status di rifugiato. È quindi essenziale che la Corte stessa prenda atto della decisione dell’atto emanato per l’organo specializzato nella concessione dello status del Potere esecutivo nazionale. Fino a quel punto regge difatti il principio internazionale che impedisce di materializzare l’estradizione.
Ma se la stessa Corte ha sentenziato che la giudice della causa interessata disponga dei contatti necessari all’estradizione del prigioniero in Italia, come si può affermare che ancora esistano possibilità di abrogare decisioni ormai confermate e si possa ritornare al passato?
La giudice della causa penale può ordinare l’estradizione una volta che si decida sulla legalità dell’atto di cessazione dello status di rifugiato. La Corte gli fornisce linee guida per l’esecuzione solo quando siano accertate le condizioni, che dipendono dalla decisione di cessazione.
Finora e con decisioni contraddittorie, come le amnistie che l’ex Presidente Menem concesse sia a militari che a terroristi e poi successivamente Nestor Kirchner confermò la condanna solo ai primi, assolvendo i secondi, l’Argentina ha tenuto una posizione che in pratica ha cancellato le violenze che per 7 anni, attraverso atti terroristici, portarono il Paese al caos. Esiste la possibilità che con questo Governo le cose cambino e che l’Argentina consideri giustamente la condanna a persone legate al terrorismo che si sono macchiate di delitti atroci?
Il Governo argentino è pienamente deciso a far si che i terroristi compiano con le condanne in forma integrale nei loro Paesi di origine.
Quanto dichiarato assume una grande importanza e ci orienta al fatto che non solo la questione che riguarda il terrorismo italiano raggiunga finalmente una soluzione equa, ma anche che, dopo decenni, pure l’Argentina prenda coscienza della totalità di una situazione che l’ha portata, nel 1976, a essere governata da una dittatura militare per risolvere il caos nel quale era precipitata.
(Arturo Illia)
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