È ormai diversi anni che si cerca un soluzione per l'ex Ilva e ogni volta che ne appare una sembra incapace di durare nel tempo

L’ancora inconclusa vicenda dell’Ilva ha ormai superato in complessità e ostacoli quella della privatizzazione di Alitalia, una privatizzazione compiuta che ha ormai portato quello che è rimasto della compagnia aerea nelle abbastanza sicure mani di Lufthansa.

Nel caso Ilva, peraltro ribattezzata quattro anni fa “Acciaierie d’Italia”, si continuano invece a intrecciare interessi politici, rivendicazioni sindacali e incursioni della magistratura in uno scenario di mercato altrettanto complesso e instabile.



La storia dell’Ilva è peraltro emblematica di uno scenario, come quello italiano, in cui la presenza pubblica è stata dominante, nel bene e nel male alternando brevi fasi di successo, sull’onda della crescita dei mercati, a lunghi periodi di incertezze con un sempre complesso rapporto tra pubblico e privato.



Nata nel 1905, con il nome antico dell’isola d’Elba dato che aveva i maggiori impianti a Portoferraio e Piombino, l’Ilva si riparò ben presto sotto l’ombrello dello Stato, sia attraverso finanziamenti diretti, sia con agevolazioni doganali, sia con facilitazioni fiscali. Ma nonostante le commesse pubbliche legate alla Grande Guerra. i debiti continuavano a crescere e nel 1921 la società passò sotto il controllo della Banca commerciale italiana e poi delle partecipazioni statali con la nascita dell’Iri nei primi anni Trenta.

Nel secondo Dopoguerra la forte crescita della domanda per la ricostruzione, unita ai fondi del piano Marshall e all’apertura delle frontiere con la nascita della Ceca (Comunità europea del carbone e dell’acciaio), hanno dato un forte impulso allo sviluppo dell’Ilva che aveva i suoi maggiori impianti a Piombino e Napoli (Bagnoli).



Nel 1961 viene realizzato così il centro siderurgico di Taranto e con l’aggiunta di Cornigliano nasce Italsider, tra i più grandi gruppi siderurgici europei. In quegli anni si progettò anche un quinto centro siderurgico, a Gioia Tauro, ma la crisi degli anni 70 ha bloccato il progetto.

Negli anni 90 viene avviata la privatizzazione sull’onda del tramonto delle partecipazioni statali. Lo stabilimento di Taranto viene acquisito dal Gruppo Riva, industriali bresciani con grande e positiva (fino ad allora) esperienza nel settore.

All’inizio degli anni 2000 la svolta avviene con le indagini e le decisioni della magistratura con le accuse di disastro ambientale che portano al sequestro dello stabilimento di Taranto e al necessario commissariamento. Una seconda privatizzazione viene tentata con Arcelor Mittal che chiede tuttavia uno “scudo penale” per avviare il risanamento. Ma la gestione ha vita breve e lo scorso anno il ministero delle Imprese ammette Acciaierie d’Italia alla procedura di amministrazione straordinaria mentre prosegue l’impegno della magistratura che, dopo un incidente, pone sotto sequestro l’altoforno Uno, riducendo drasticamente le potenzialità produttive.

I diecimila dipendenti, di cui almeno quattromila in cassa integrazione a lungo termine, hanno di fronte uno scenario di incertezze. La decarbonizzazione è un punto fermo, ma richiederà ingenti investimenti così come la conversione della produzione ai forni elettrici che offrono sicure garanzie ambientali, ma richiedono un fortissimo sviluppo delle energie rinnovabili insieme all’approvvigionamento di gas naturale: nel piano c’è la collocazione nel mare di Taranto di una nave rigassificatrice, ma sono subito scattate le proteste.

L’ultima offerta per una nuova privatizzazione dell’Ilva è arrivata da Baku Steel, una grande impresa dell’Azerbaigian, che ha offerto poco più di un miliardo e garanzie per l’occupazione, ma che ha chiesto certezze sul fronte dei piani di risanamento ambientali e, appunto, per il rigassificatore.

La soluzione è complessa. Gli inglesi direbbero “You can’t have your cake and eat it too”, (“non puoi avere la tua torta e anche mangiarla”). In Italia più esplicitamente: “non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca”. La guerra dell’acciaio anche questa volta rischia di concludersi senza vincitori.

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