Le dichiarazioni di Mario Draghi di giovedì non sono state del tutto rassicuranti per i mercati e la ragione principale per cui si è mantenuta una sostanziale calma è dovuta alle attese per quanto annuncerà la Federal Reserve settimana prossima. Draghi ha promesso, ma non ha mostrato fatti, palesando ancora una volta quanta sia grande la distanza tra le ambizioni da superpotenza dell’Unione europea e la realtà. A dettare la linea e ad assumersene l’onore sarà come sempre la Federal Reserve, mentre la Bce può permettersi di attendere e nel frattempo incassare l’indebolimento dell’euro arrivato vicino ai minimi contro il dollaro.
Osservando i dati sulla manifattura europea, in particolare tedesca e in seconda battuta italiana, è lecito chiedersi come mai l’Unione europea non prenda un’iniziativa politico-economica molto più decisa. All’interno dell’Unione europea continua a esistere una sacca, l’Italia, che viene solo marginalmente toccata dalle politiche espansive della Bce, al punto che persino Cipro, con i suoi incredibili trascorsi bancari, batte l’Italia nella classifica dello spread. Niente da fare neanche per un intervento concordato e coordinato a livello europeo di stimolo fiscale o tanto meno di spesa pubblica.
Del discorso di Draghi sottolineiamo quanto detto a questo proposito a testimonianza che certe osservazioni hanno pieno diritto nei contesti che contano. Draghi ha citato espressamente il settore manifatturiero tedesco e in seconda battuta italiano parlando chiaramente di “fiscal policy”, dicendo che se ci fosse un peggioramento dell’economia europea una “significativa politica fiscale diventerebbe essenziale”. La questione è chiarissima. L’Europa non è al momento in grado di produrre una politica economica coordinata efficace per rispondere alla crisi per le diffidenze interne. La Germania si rifiuta di fare politiche fiscali e di usare il suo surplus per spesa pubblica in questo modo esasperando gli squilibri dentro l’area dell’euro. Come non leggere le parole di Draghi sullo stimolo fiscale alla luce di quello che praticamente ogni economista vede in Europa e in Germania?
La conclusione è che l’attuale sistema dell’euro deve sopravvivere e perpetuarsi così com’è con i suoi pregi e i suoi difetti. Tra i difetti sicuramente quelli di essere incapace di farsi carico di una parte dello stimolo globale e di scaricare tutti gli squilibri sulla periferia con dosi da cavallo di deflazione e distruzione della domanda interna. Questo non è un suicidio per l’Italia o per la Grecia, ma per tutta l’Europa. La Germania pensa di perpetuare all’infinito un sistema all’interno del quale può fare una politica mercantilista che oggi sarebbe impossibile. L’attesa in questa fase, continuando a lucrare sul sistema euro e i suoi difetti, non è una buona politica perché il mondo è molto cambiato e sono molto cambiati gli Stati Uniti. Questa situazione di fragilità con gli indici manifatturieri tedeschi che segnano da molti mesi l’allarme rosso è un rischio enorme perché basta pochissimo per spedire quegli indici molto traballanti in recessione, mettendo sotto pressione il sistema politico tedesco con esiti che non sono mai facilmente prevedibili.
Oggi tutti gli occhi sono quindi sulla Federal Reserve e su quanto dirà. Questo dice moltissimo degli equilibri geopolitici tra Usa ed Europa e dice moltissimo di quanto l’Europa sia fragile di fronte alle richieste americane di riequilibro commerciale e politico. L’Europa commette un errore esattamente com’è stato un errore scaricare gli squilibri dell’euro sulla periferia con la crisi dei debiti sovrani del 2011 senza il riequilibrio della spesa dei Paesi “sani”. Una crisi, in Europa, evitabilissima di cui vediamo tutti i giorni gli esiti e che ha logorato i sistemi politici in più di un Paese e fatto quasi scomparire partiti storici, pensiamo alla Spd, anche in Germania. La Bce può molto meno della Fed e in più non sembra avere dietro un sistema lucido.