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Home » Economia e Finanza » Economia Internazionale » Fed & Dollaro » FINANZA E POLITICA/ Errore della Fed, un nuovo rischio per l’Europa

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FINANZA E POLITICA/ Errore della Fed, un nuovo rischio per l’Europa

Int. Luigi Campiglio
Pubblicato 20 Giugno 2025
Jerome Powell, Presidente della Federal Reserve (Ansa)

Jerome Powell, Presidente della Federal Reserve (Ansa)

Aumenta la probabilità che la Fed possa commettere un errore di valutazione, che avrebbe conseguenze negative anche per l'Europa

La Federal Reserve ha lasciato invariati i tassi di interesse in un range tra il 4,25% e il 4,5%. Aumentano però, come ci spiega Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, le probabilità che la Banca centrale americana possa commettere un “policy error” con conseguenze negative per l’economia e i mercati finanziari. Il tutto mentre non accenna a diminuire l’incertezza relativa alle politiche commerciali dell’Amministrazione americana e alla situazione in Medio Oriente.


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Qualche segnale negativo dall’economia americana, come il secondo calo mensile consecutivo delle vendite al dettaglio registrato a maggio, è arrivato. Perché, nonostante questo, la Fed ha lasciato i tassi invariati?

Il livello attuale dei tassi consente di avere un margine a disposizione per una loro diminuzione, senonché la Fed valuta come ancora tonica l’economia americana. E non mancano in tal senso segnali positivi, in particolare per quel che riguarda il mercato del lavoro. Data l’incertezza legata anche alle politiche commerciali della Casa Bianca, la Banca centrale preferisce tenersi su una linea cauta.


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Ancora prima che venisse resta nota la decisione del Fomc, Trump ha attaccato Powell dandogli dello “stupido”. Perché il Presidente continua ad attaccare il Governatore della Banca centrale?

Trump vorrebbe una Fed che fosse ai suoi ordini. Il Presidente ritiene che tagliando i tassi l’economia sarebbe più al sicuro rispetto anche alle conseguenze delle politiche commerciali che sta adottando.

La maggioranza dei membri del Fomc della Fed si attende due tagli dei tassi quest’anno, ma è aumentato da quattro a sette il numero di quanti non si aspettano alcuna loro riduzione. Come dobbiamo interpretare questa netta differenza di vedute all’interno del Fomc?


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È plausibile che la situazione di incertezza generale si rifletta nelle valutazioni del board. Ci troviamo in un contesto contraddistinto da incertezza e questo genera ulteriore incertezza nei policy maker.

Un’incertezza che può trasformarsi anche in una decisione sbagliata da parte della Fed?

Sì, questa incertezza aumenta la probabilità di un errore di valutazione da parte della Banca centrale americana. E la conseguenza più grave sarebbe relativa alle ripercussioni che tale errore avrebbe sulle aspettative degli operatori economici. Temo, in particolare, che ci possa essere, come già c’è stata in altre circostanze, un’improvvisa reazione negativa dei mercati.

In caso venga commesso un errore sarebbe poi possibile porvi rimedio?

Rimediare è possibile, ma occorre del tempo. Sappiamo bene che c’è un lag temporale prima che le decisioni di politica monetaria prese da un Banca centrale dispieghino i loro effetti sull’economia: ad andar bene occorrono almeno un paio di trimestri. Abbiamo poi già visto in passato che prima che i mercati tornino ai livelli precedenti un’importante correzione possono volerci diversi mesi.

Quali conseguenze potrebbero esserci per l’Europa, visto anche che i tassi nell’Eurozona sono di fatto meno della metà di quelli americani?

Sembrerebbe plausibile a quel punto immaginare che la Bce possa rimettere in campo le politiche monetarie non convenzionali già utilizzate negli anni scorsi. Anche perché nel frattempo bisognerà continuare a monitorare quel che accade in Medio Oriente: porre rimedio alle conseguenze di un allargamento del conflitto Israele-Iran sarebbe più complicato rispetto al fare i conti con un errore di valutazione della Fed. Non a caso il Governatore della Banca d’Italia Panetta, che è anche membro del Consiglio direttivo della Bce, ha detto l’altro giorno che “attualmente, la politica monetaria nell’area dell’euro si trova nuovamente ad affrontare un contesto di elevata incertezza”.

Queste politiche monetarie non convenzionali della Bce sarebbero compatibili con misure per contrastare il rialzo dell’inflazione visto il rischio, legato alla situazione in Medio Oriente, che aumentino i prezzi delle materie prime energetiche?

Non credo che l’Eurotower si muoverebbe verso un rialzo dei tassi nel caso di una guerra regionale in Medio Oriente. La quale potrebbe anche imprimere un’accelerazione al programma di investimenti nella difesa dell’Ue, che la Bce potrebbe essere chiamata magari a sostenere tramite l’acquisto bond dell’Ue per finanziare debito comune da utilizzare per tale scopo. Una prospettiva che certamente non mi entusiasma, perché vorrebbe dire andare di fatto verso un’economia di guerra.

(Lorenzo Torrisi)

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Tags: InflazioneDonald Trump

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