Immaginate la notte del 20 luglio 1969 sentire Tito Stagno in tv che annuncia l’allunaggio di una navetta sovietica al posto del modulo Eagle dell’Apollo 11 e che il primo piede sulla Luna non è di Neil Armstrong ma di un astronauta russo. Che piega avrebbe preso a quel punto la corsa nello spazio? E come questo successo inaspettato dell’Unione Sovietica avrebbe potuto condizionare, da quel momento in poi, le relazioni internazionali? Parte da questo fantasioso “scambio della storia” il racconto di For All Mankind, la serie tv prodotta per Apple Tv+ da Ronald D. Moore, uno dei più importanti sceneggiatori di Star Trek, e giunta alla terza stagione (10 episodi in tutto, gli ultimi due disponibili i prossimi due venerdì).
Nelle prime due stagioni il momentaneo vantaggio ottenuto dai russi spinge al massimo la competizione tra le due superpotenze – al contrario di come poi sono andare in realtà le cose – convogliando grandi budget a sostegno di programmi spaziali sempre più impegnativi. La conquista della Luna e la costruzione sul suolo lunare di due distinte basi operative sono la premessa per proseguire la competizione verso Marte. Il conflitto rimane alto tra gli scienziati della Nasa e i loro colleghi sovietici. ma non mancano le occasioni per collaborare. Anche le vicende politiche nei due Paesi subiscono un condizionamento decisivo da quell’avvenimento; infatti, l’Unione Sovietica, forte del successo, non si disgrega più con l’arrivo di Gorbachov, mentre negli Stati Uniti la destra repubblicana batte addirittura Clinton, inserendo nel proprio programma un aumento della spesa pubblica per la conquista di Marte e candidando a Presidente una eroina come l’astronauta Ellen Waverly.
La storia della corsa nello spazio in For All Mankind ha come protagonisti le donne e gli uomini della Nasa. Sono un gruppo affiatato e di professionisti di alto livello. Ma anche tra di loro c’è competizione, aspirano alle missioni più importanti, hanno alle spalle matrimoni difficili, devono nascondere la loro vita privata, negli anni bui dove dominano ancora molti tabù. La svolta avviene quando si decide – per meri fini di propaganda – di addestrare anche una squadra di donne astronaute. Ironia della sorte, saranno proprio loro a farsi valere di più e a risultare decisive in molte situazioni critiche. È donna anche il capo della Nasa, l’ingegnere Margo Madison, allieva e pupilla di Wernher Von Braun, il padre delle esplorazioni spaziali.
Nella terza stagione inizia la corsa verso Marte. I protagonisti ai blocchi di partenza sono ora diventati tre, perché alla tradizionale competizione tra Nasa e Sovietici partecipa anche un gruppo privato che ha messo a punto una nuova tecnologia di trasporto a idrogeno. A capo del gruppo c’è un giovane ingegnere di colore Dev Gathegi, che ricorda molto nei comportamenti e nell’approccio alle soluzioni Elon Musk. La gara a chi stavolta arriva per primo non è priva di colpi di scena e obbliga gli equipaggi a prove di sopravvivenza, e spesso sono costretti a collaborare. Quando finalmente raggiungono Marte, la vita dei pionieri sull’inospitale pianeta e la disperata ricerca di acqua saranno segnate da disavventure e atti di eroismo.
Impressiona come appaia attualissima una produzione televisiva come questa con il riesplodere delle tensioni tra gli Stati Uniti e l’Occidente e la Russia di Putin, che si considera erede diretto di quella che fu l’Unione Sovietica. Senza contare che proprio qualche giorno fa Mosca ha annunciato il ritiro del proprio equipaggio dalla stazione spaziale dove collaborava a una missione internazionale. Allo stesso tempo, sembra in ogni caso un contributo rilevante a favore di chi spinge per riprendere la grande avventura umano nello spazio.
Nel cast non troviamo star di primo piano. Sono da segnalare l’attore svedese Joel Kinnaman (House of Cards) nei panni del protagonista Edward Baldwin, il capitano della Nasa che poi accetta di guidare la missione privata verso Marte, l’attrice sudafricana Jodi Balfour che interpreta Ellen Waverly, l’astronauta gay che diventa Presidente degli Stati Uniti e Wrenn Schmidt, nel ruolo di Margo Madison, la solitaria direttrice della Nasa, segretamente innamorata del suo omologo russo. Rimane un lavoro corale, pregevole, con molti personaggi di fantasia e con diversi cammei dedicati a personaggi realmente esistiti.
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