Giuseppe Furino, è morta la moglie Irene per coronavirus. La bandiera della Juventus: "Ho portato io in casa il covid: dolore immenso".
BEPPE FURINO, MORTA LA MOGLIE IRENE PER COVID: “IO POSSIBILE UNTORE”
E’ grande dramma in casa di Beppe Furino, ex centrocampista e capitano della Juventus, e bandiera del club bianconero, che solo una settimana fa ha perso la moglie Irene, all’età di 74 anni, colpita dal coronavirus. Attraverso una lunga intervista pubblicata solo questa mattina dal Corriere Torino, l’ex calciatore ha raccontato con parole tremende il grave lutto che lo ha colpito in questi giorni, e per cui pure si ritiene in parte responsabile: “Purtroppo credo di avere fatto da untore, portando a casa il virus. Ci ha preso tutti, in famiglia”. Ma proseguendo nel drammatico racconto, mentre lo stesso Giuseppe e i suoi familiari stavano man mano migliorando, purtroppo la signora Irene peggiorava giorno dopo giorno: “Ma mentre noi guarivamo lei cominciava ad avere seri problemi di saturazione. Da quando è stata ricoverata non l’ho più vista. Non dimenticherò mai questo dolore tremendo”. E nel dolore, un dolce ricordo per la moglie Irene e il profondo vuoto che la sua scomparsa lascia: “Era una vera tifosa da stadio e amava la politica quasi quanto la Juventus. In piena pandemia ci siamo riuniti tutti a casa mia. Ma lì adesso c’è solo un vuoto enorme”.
BEPPE FURINO: “MIA CARRIERA UNA CAVALCATA FELICE”
Per Giuseppe Furino, giocatore della Juventus degli anni 70-80 e bandiera del club bianconero (anche se non ha mai apprezzato tale titolo “Quel termine non mi è mai piaciuto. E se non ho avuto una seconda vita alla Juve è colpa mia”), quella da coronavirus non è stata neppure la prima e unica pandemia della sua vita: nell’intervista concessa si ricorda anche quando, da piccolissimo, fu costretto a cambiare casa per l’epidemia da tifo: “Ci furono dei casi di tifo in Campania, nel paese di mio padre, dalle parti di Nola. Andai a vivere per un anno dai miei nonni materni a Ustica. Avevo tre o quatto anni. Allora non avrei mai pensato di diventare un calciatore, a casa mia l’unico tifoso ero io”. E il ricordo è il lancio per un tuffo nella memoria di Furino da giovane, sempre sotto i colori bianconeri: “Ero juventino ben prima di arrivare a Torino, a dodici anni. I primi calci in Piazza d’Armi, qualche torneo all’oratorio di Santa Rita e dopo appena un mesetto l’approdo nella mia squadra del cuore, nel Nucleo Addestramento Giovani diretto dal mitico Pedrale. La mia carriera è stata una cavalcata felice, il calcio mi ha dato tutto”. Una carriera che per Furino ha portato in bacheca 8 scudetti coi bianconeri, 2 Coppe Italia, una Coppa UEFA e una Coppa delle Coppe, e dove non vi è alcun rimpianto, neppure per le poche presenze in nazionale: “Nessun rimpianto. Anche se ai Mondiali in Messico 1970 avrei potuto giocare un po’ di più. Avevamo una signora squadra, con un centrocampo fortissimo. Ma avrei potuto far rifiatare qualcuno, in modo da presentarci in finale un po’ meno cotti o addirittura bolliti”.