GABON E NIGER/ La ritirata e i danni di Parigi aprono un nuovo spazio all’Italia

- Giorgio Laici

La Francia è in angolo: non interviene in Niger e Gabon per non scatenare le sue banlieues. L'Italia può ritagliarsi un ruolo geopolitico nuovo

africa ecowas 1 lapresse1280 640x300 I leader dell'Ecowas riuniti ad Accra, in Ghana (LaPresse)

La stagione dei colpi di Stato militari in Africa prosegue in Gabon. Il Paese dell’Africa centrale era dominato da circa mezzo secolo dalla famiglia Bongo. Le forze armate hanno preso il controllo delle istituzioni e del Paese, annullando i risultati elettorali del 26 agosto. Il presidente rovesciato è Ali Bongo Ondimba, 64 anni. Il presidente governava da 14 anni, era alla sua terza elezione, segnata da brogli e corruzione. Ora si trova recluso nel proprio domicilio. Era succeduto al padre Omar, che aveva spadroneggiato sostenuto dalla Francia, nei precedenti 41 anni. Per le strade della capitale Libreville una folla festante ha salutato la deposizione. Il gruppo dei golpisti ha imposto il coprifuoco e chiuso le frontiere. Il generale Brice Clotaire Oligui Nguema è stato nominato presidente di transizione.

L’implosione del piccolo, e ricco di risorse, Paese africano ricalca le vicende concretizzatesi in Niger qualche settimana fa. I fatti del Gabon si aggiungono al quadro di instabilità sociale e politica continentale. Infatti la decolonizzazione aveva portato in Africa colpi di Stato a cadenza quasi regolare, ma negli ultimi due anni si è verificata una recrudescenza. Solo nel 2023 in Niger prima di quello riuscito a luglio ne sono falliti due, e alla fine, con il terzo, il presidente Mohamed Bazoum è stato rovesciato dai militari. L’Ecowas (Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale) ha dato nove mesi ai militari nigerini per ripristinare l’ordine democratico. Il Burkina Faso nel 2022 ha visto due putsch militari, il primo in gennaio contro il presidente Christian Kaboré e il secondo in settembre contro il tenente colonnello Sandaogo Damiba, che lo aveva spodestato.

In Sudan è in corso una guerra civile e il governo di transizione verso la democrazia dopo 30 anni di dittatura il 25 ottobre 2021 è stato abbattuto dalle Forze armate. In Mali il 18 agosto 2020 il presidente Ibrahim Boubacar Keïta è stato rovesciato dai militari, che hanno impiantato un governo di transizione. Poi il 24 maggio 2021 i militari hanno arrestato il presidente e il primo ministro, insediando il colonnello Assimi Goïta come presidente di transizione. La giunta si è impegnata a ristabilire la democrazia per le elezioni previste per febbraio 2024. Dopo questa carrellata analizziamo premesse e conseguenze di questa instabilità.

Nell’Africa francofona, dalla decolonizzazione, la Francia, inserendosi come potenza militare, economica, politica e culturale, si era creata la sua zona di influenza forzando la presa di potere di suoi uomini nelle ex colonie. Aveva così esteso i suoi traffici e lo sfruttamento dei territori. Oggi però ci sono diversi problemi sovrapposti e irrisolti, che provocano insofferenza crescente per regimi eterodiretti. Regimi corrotti apparentemente democratici, che difendono pervicacemente interessi privatistici a scapito dei Paesi. Per quanto il governo francese si sforzi di minacciare e mostrare i muscoli, per ora non si torna indietro. La debolezza politica francese a partire dalla sommossa dei gilet gialli e proseguendo per quella feroce per la pur timida riforma delle pensioni, è palese. Anche se i media ne hanno abbondantemente sotto stimato la portata.

Con il chiaro fallimento dell’assimilazione culturale, immaginiamo cosa succederebbe nelle banlieue parigine se la Francia attaccasse o favorisse l’attacco di un Paese africano. Secondo un sondaggio pare che il 73% dei nigerini sia favorevole al golpe militare in atto. Qui come in Gabon governi subalterni a Parigi sono stati rovesciati con l’assenso dei popoli. Con la destabilizzazione libica, da loro in buona parte fomentata, ora anche in Nordafrica i cugini transalpini sono in forte crisi, come in patria. La Francia è l’unica potenza nucleare all’interno dell’Unione Europea con un seggio permanente al consiglio di sicurezza dell’Onu. Nonostante questo, le mire francesi di guidare l’Europa in coppia con la Germania, anch’essa azzoppata dalla crisi, sono abbastanza lontane. Anche l’espansione ad Est della Nato, con la Polonia in prima fila, ha messo la Francia in difficoltà e le ha fatto scontare anche la sua mai sopita volontà di indipendenza dall’Alleanza atlantica. Anche qui un bel colpo per la Grandeur.

In questo contesto quale ruolo e quali prospettive potrebbe avere l’Italia? Il nostro Paese, seppure in crisi e in difficoltà, è una nazione coesa e non attraversa certo un momento storico negativo come quello francese. Il nuovo Governo ha saputo ben integrarsi nella Ue e nella Nato e specialmente si sta proponendo come bastione europeo nello scacchiere mediterraneo con un ruolo centrale in una zona di influenza da sempre contesa con la Francia. Zona che ora, vista la crisi francese, si aprirebbe all’ingresso di altri attori, certo in contrasto con gli interessi della Ue e della Nato. Questo potrebbe essere il senso del “Piano Mattei” per l’Africa lanciato dal Governo in nome del fondatore del’Eni, Enrico Mattei.

Un piano di cooperazione e di sviluppo per la crescita e la stabilizzazione degli Stati africani che garantirebbe all’Europa, attraverso l’Italia come hub nel Mediterraneo, un aiuto all’indipendenza energetica. Un progetto che vedrebbe per l’Italia un ruolo di intermediazione non predatoria verso gli Stati ricchi di risorse per garantire la giusta remunerazione delle materie prime e favorirebbe anche la gestione dei flussi migratori. La sconfitta francese a Sedan del 1870 e la connessa crisi, ultima paragonabile a questa odierna, permise all’Italia la completa riunificazione nazionale, con la breccia di Porta Pia; vediamo questa volta cosa succederà.

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