Il nuovo film "Highest 2 Lowest" di Spike Lee è il remake di "Anatomia di un rapimento" di Akira Kurosawa

A Spike Lee il coraggio non è mai mancato, per meglio dire l’irresponsabilità. Quando nel 2013 diresse un remake di Oldboy, cult movie di Park Chan-wook realizzato dieci anni prima, gli andò malissimo, ma non era evidentemente soddisfatto, così oggi si trova a mettere mano a un altro remake di un film orientale, per la precisione Anatomia di un rapimento, bellissimo thriller diretto da Akira Kurosawa nel 1963 e tratto a sua volta da un romanzo di Ed McBain.



Il risultato è Highest 2 Lowest, adattamento scritto da William Alan Fox che sposta l’azione dal Giappone a Manhattan, facendo del protagonista (Denzel Washington) un produttore musicale dalla gloria un po’ appannata, al centro di una contesa per quanto riguarda i diritti dei suo grandi successi, che si ritrova al centro dell’attenzione quando il figlio viene rapito; o meglio, i rapitori si sbagliano e prendono il figlio del suo amico tuttofare (Jeffrey Wright), nondimeno chiedono un riscatto gigantesco, che metterà in bilico la sua intera vita.



Lee, a differenza del precedente remake, non si limita al cambio di ambientazione, ma espande il discorso di Kurosawa – più che di McBain – e più che alla differenza di classe e al modo in cui plasma i rapporti umani, il regista guarda all’identità culturale rappresentata dalla scena musicale black e hip-hop, a come i cambiamenti dell’industria musicale influenzino, degradino forse, il tessuto sociale.

E la musica, composta da Howard Drossin ma in continuità con il lavoro di Terence Blanchard, invade il film fin dalle note di Oklahoma sull’elegantissima skyline di Manhattan (messa in immagini da Matthew Libatique), approda ovviamente al nuovo e vecchio rap, passa per la musica portoricana, ossia il momento miglior del film, e allieta col soul melodico del finale, senza dimenticare il jazz sincopato, che è quello che si addice meglio alle scene di Lee.



Le note sembrano divorarsi l’opera e ciò che non si mangiano loro lo fa Washington, gigione incontenibile, improbabile eroe d’azione nel finale (immaginiamo che 71 anni possano farsi sentire), figura che diventa quasi bozzetto da serie tv, quando usa il suo orecchio musicale per riconoscere la voce del rapitore.

Al netto dell’implausibilità di certe soluzioni, Highest 2 Lowest sfrutta il didascalismo di fondo dello script per ribadire idee e visioni del mondo, ma la libertà che Apple e A24 (che si autocita mestamente nella targhetta sulla porta di un appartamento) permettono al regista gli concede solo la possibilità di vagare un po’ a vuoto, perdendosi nella seconda parte, tra banalità di messaggio e svogliatezza di regia.

In ogni caso, nessuno si sentirà offeso dal film, visto che Lee l’incendiario si risveglia pompiere in un finale che, ipocritamente, assolve tanto il sistema quanto le regole sociali, dando meriti e colpe sempre e solo al singolo, agli imprenditori e ai rapper cattivi, non al meccanismo che li genera. Stavolta, forse, il coraggio può attendere.

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