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Home » Lavoro » ILVA/ Ue e Consiglio di Stato ribaltano la sentenza del Tar e salvano l’acciaieria

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ILVA/ Ue e Consiglio di Stato ribaltano la sentenza del Tar e salvano l’acciaieria

Giuseppe Sabella
Pubblicato 24 Giugno 2021
von der Leyen recovery fund

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen (LaPresse)

Il Consiglio di Stato ha disposto l'annullamento della sentenza del Tar di Lecce che avrebbe portato allo spegnimento dell'area a caldo dell'ex Ilva di Taranto

Nella giornata di ieri, si è appreso che il Consiglio di Stato, all’esito dell’udienza del 13 maggio 2021, ha disposto l’annullamento della sentenza del Tar di Lecce n. 249/2021. Vengono dunque a decadere le ipotesi di spegnimento dell’area a caldo dell’ex Ilva di Taranto e di fermata degli impianti connessi, la cui attività produttiva proseguirà quindi con regolarità.


ILVA/ "Non è ancora morta, ecco come sciogliere i nodi che ostacolano il suo rilancio"


Si tratta di un esito piuttosto scontato per almeno tre ragioni:

1) l’interesse pubblico nel caso di specie è altissimo: potenzialmente l’ex Ilva vale l’1% del Pil italiano ed è azienda in grado di occupare circa 15.000 lavoratori; inoltre, un Paese a trazione manifatturiera come l’Italia non può non essere autonomo nella produzione di materia prima, l’acciaio appunto;


SCENARIO INDUSTRIA/ Le emergenze sotto traccia che pesano sul Pil


2) Invitalia, azienda di Stato italiana, è entrata nel capitale di Arcelor Mittal Italia (al 50% con quota destinata a salire) dando vita ad Acciaierie d’Italia: non ha alcun senso che la magistratura fermi oggi un palese tentativo di innovazione e di rilancio del sito tarantino;

3) Next Generation Eu e programma Green Deal hanno l’ambizione di rilanciare l’industria europea modernizzandola anche in un’ottica di sostenibilità ambientale; da questo punto di vista, il sito di Taranto è tra i poli più importanti d’Europa e possibile fiore all’occhiello di questa operazione di restyling delle filiere produttive: per l’ex Ilva è arrivata l’ora X.


EX ILVA/ I nodi su investitori e occupati che rischiano di portare alla chiusura


In sintesi, in questa fase di ridefinizione dei rapporti tra Unione europea e Stati membri e di evidente cessione di sovranità a Bruxelles, la grande iniezione di risorse che va a finanziare i Piani nazionali di ripresa e resilienza è calibrata anche sulla capacità industriale di ogni singolo Paese. L’Italia resta saldamente il secondo Paese manifatturiero d’Europa e presenta un quadro per cui i più importanti istituti del mondo – Ocse, Fmi e agenzie di rating ma anche Bankitalia – prevedono una crescita per il 2021/2022 superiore alle medie europee. Queste stime sono certamente figlie di un sistema che ha una vitalità importante: l’Italia è Paese storicamente lento ad allinearsi ai processi di innovazione – lo abbiamo visto in questi anni -, ma che quando riesce a fare sistema è in grado di liberare le sue migliori risorse e un notevole dinamismo, soprattutto in ragione di un sistema produttivo che non è dominato dalla multinazionale ma dalla piccola e media impresa, certamente più veloce nell’implementare i processi di cambiamento.

Come abbiamo più volte scritto, la soluzione per l’ex Ilva è quella di proiettare lo stabilimento verso la transizione ecologica ed energetica: da questo punto di vista, il Governo ancora non ha scoperto le carte; ma l’accordo di aprile tra Fincantieri, ArcelorMittal e Paul Wurth per la realizzazione di un progetto finalizzato alla riconversione del ciclo integrale dell’acciaieria di Taranto – secondo tecnologie ecologicamente compatibili – va inquadrato in quest’ottica.

Resta da capire cosa ne sarà di Acciaierie d’Italia: dal 2022, Invitalia salirà al 60% delle quote. Ciò significa che il ruolo di ArcelorMittal sarà ulteriormente ridimensionato. Ma, appunto, un privato che acconsente a questo ridimensionamento è un privato non più interessato a investire. E che forse lascerà spazio a un altro player. A maggior ragione, in questa fase la cosa importante è che non sia il Governo a commettere errori. Potrebbero costarci molto cari.

Twitter: @sabella_thinkin

Tags: Taranto
Ilva

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