L'industria frena, il Pil arranca, ma la Borsa continua a far segnare rialzi. Un disaccoppiamento interessante da analizzare

È interessante la correlazione tra corsi azionari e andamento del Prodotto interno lordo proposta dal Centro Studi della Confindustria nel focus del mese, la Congiuntura flash di febbraio. Mentre in Italia e nel mondo l’economia reale desta più di qualche preoccupazione – con la produzione industriale che scende o non sale, gli investimenti che latitano, l’inflazione che resiste, i consumi interni che dormono, l’export che sconta il caos internazionale -, le borse proseguono la loro corsa al rialzo sia pure con il tipico andamento a zig-zag.



Rispetto al 2019, anno fatidico che precede il Covid che funziona da spartiacque tra un prima e un dopo, l’indice Usa S&P 500 cresce del 132%, il Dax tedesco del 98% e il Ftse Mib italiano dell’85%. In tutti i casi i settori che danno più soddisfazione sono quelli bancari e finanziari che fanno segnare una forte impennata nelle quotazioni dovuta in particolare all’ottimo livello degli utili conseguiti. Ragione dei ripetuti tentativi di catturarne un pezzo da parte della politica.



Che cosa ci dicono queste informazioni? Come si collegano l’euforia dei mercati finanziari e la depressione di quelli reali (fiaccati in particolar modo dal crollo del comparto automobilistico)? Che possibilità c’è che i primi possano condizionare i secondi o viceversa? Il segreto sta nei tempi lunghi quando le due tendenze puntano a convergere. Gli alti corsi borsistici sono un segnale di fiducia. Mostrano che imprese e famiglie credono in un futuro in cui le cose possano andare meglio e si muovono di conseguenza.

Questa circostanza, spiegano gli analisti di Confindustria, è positiva sotto diversi aspetti. Intanto, perché quando aumenta la ricchezza finanziaria dovrebbe anche aumentare la spesa per consumi. Poi, perché alte quotazioni azionarie sono in grado di sostenere le attività correnti e incentivare nuovi investimenti contribuendo a far tornare il sereno nel campo della produzione di beni e della fornitura dei servizi dove oggi c’è bufera.



La parola chiave è dunque fiducia. Nonostante le difficoltà del presente – dovute anche e forse soprattutto allo scombussolamento dell’ordine globale sottoposto al doppio elettroshock delle guerre e dell’avvento al potere di Donald Trump in America -, il domani appare meno nero di come si potrebbe immaginare. Che sia frutto di calcoli ragionati o più semplicemente di legittime aspirazioni a migliorare la propria prospettiva di vita, l’umore di chi vota acquistando azioni dovrebbe rassicurarci per gli anni a venire.

Certo, c’è sempre la possibilità che sia vero il contrario: che, cioè, i rialzi di borsa siano frutto di un’illusione o di un errore e che non abbiano nulla a che vedere con la possibilità che i fondamentali dell’economia si sollevino come immaginato. La fiducia nel futuro, in questo caso, sarebbe stata riposta male. Su tutto regna l’incertezza che è l’unica vera certezza su cui possiamo contare. Con l’incertezza occorre prendere dimestichezza perché ci accompagnerà per molto tempo e forse non ci abbandonerà più.

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