A marzo l'inflazione è cresciuta del 2% in termini tendenziali. Continuano ad aumentare i prezzi energetici e alimentari
Secondo le stime preliminari dell’Istat, nel mese di marzo 2025 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), che include tabacchi, è aumentato dello 0,4% su base mensile. Poiché a marzo 2024 era invece rimasto completamente fermo, questo incremento dello 0,4% si è riflettuto sul tasso tendenziale che è infatti salito al 2,0% dall’1,6% dello scorso febbraio.
Il gradino di crescita non è piccolo, tuttavia esso era in gran parte prevedibile e allinea il tendenziale allo storico obiettivo d’inflazione perseguito dalla Bce. I fattori che lo hanno determinato sono in gran parte riconducibili alla risalita che ha riguardato le componenti dell’indice generalmente più volatili:
– In primo luogo gli energetici. Quelli non regolamentati, dunque a libero mercato, hanno registrato un incremento mensile dell’1,2% il quale, confrontato con la riduzione dell’1,9% avvenuta nello stesso mese dello scorso anno, ha fatto aumentare il tendenziale dal -1,9% di febbraio al +1,3%, riportandolo con segno positivo.
– Questo incremento è stato solo in parte compensato dalla riduzione che ha interessato gli energetici regolamentati (-2,4%), abbassando il loro tendenziale dal 31,4% al 27,3%, una cifra che resta eccezionalmente elevata e che suscita interrogativi sulla bontà e adeguatezza proprio della regolazione dei prezzi energetici.
– Nel loro insieme infatti gli energetici hanno registrato un incremento mensile dello 0,9%, mentre a marzo 2024 erano diminuiti dell’1,7%, e un incremento annuo del 3,2% rispetto allo 0,6% relativo al precedente mese di febbraio.
– Anche i prezzi degli alimentari non lavorati hanno contribuito al rialzo del tendenziale, nonostante essi siano diminuiti nel mese dello 0,4%. Tuttavia a marzo 2024 la loro diminuzione era stata dello 0,8%, pertanto il tasso tendenziale a essi riferito è salito al 3,4% dal precedente 2,9%.
Al netto dei beni energetici e degli alimentari freschi l’inflazione di fondo è invece rimasta ferma allo stesso tendenziale dell’1,7% del mese di febbraio, a conferma della stabilità dell’inflazione “core”. L’inflazione acquisita per il 2025, il valore che si avrebbe in media d’anno se i prezzi dovessero rimanere completamente fermi da qui a dicembre, sale invece all’1,4% per l’indice generale dei prezzi al consumo e allo 0,9% per la componente di fondo.
Ma come sono andate le componenti dell’indice che, diversamente dagli energetici e dagli alimentari freschi, determinano l’inflazione di fondo? Vediamole singolarmente, dopo aver visto che nel loro insieme hanno mantenuto costante il tendenziale:
– Gli alimentari lavorati sono cresciuti nel mese dello 0,2%, come a marzo 2024, e il loro tendenziale ha subito un piccolo arrotondamento al 2% rispetto al precedente 1,9%.
– I servizi, che rappresentano il capitolo maggiore del paniere dei consumi, sono cresciuti nel mese dello 0,5%, poco oltre lo 0,4% di un anno fa, ma il loro tendenziale non ha subito variazioni rispetto al 2,4% dello scorso febbraio. Alcune tipologie di servizi sono risultate in accelerazione: in particolare i servizi relativi alle comunicazioni (dallo 0,5% allo 0,8% tendenziale) e i servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (dal 3,1% al 3,3%) questi ultimi trainati dai prezzi dei servizi di alloggio (dal 2,2% al 3,1%).
Altre tipologie di servizi hanno visto invece un rallentamento: in particolare i servizi relativi ai trasporti (dall’1,9% all’1,6% tendenziale), frenati dal trasporto aereo passeggeri (dal -1,0% al -6,6%) e dal trasporto ferroviario (dal 2,1% allo 0,7%), due comparti generalmente molto sensibili alla stagionalità della domanda.
– Infine, i beni industriali, diversi dagli energetici e dagli alimentari: nei dodici mesi terminanti a gennaio scorso erano rimasti completamente fermi, poi in febbraio sono cresciuti dello 0,1% sia congiunturale che tendenziale, e nel mese di marzo questo dato si è portato allo 0,2%, sempre sia congiunturale che tendenziale. Rispetto a un anno fa i beni non durevoli risultano più cari dell’1,3% e i semidurevoli dello 0,8% mentre i beni durevoli più convenienti dell’1,2%.
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