L'ex capo del Mossad Efraim Halevy ha ragionato sulle guerre avviate da Israele: secondo lui l'esito sarà la distruzione dell'unità nazionale ebraica

È un parere duro e che certamente non passerà inosservato quello rilasciato sulle pagine del quotidiano La Stampa dall’ormai 90enne Efraim Halevy, storica guida del Mossad (la segretissima intelligence di Israele) tra il 1998 e il 2002, nonché ex capo del Consiglio di Sicurezza Nazionale israeliano e inviato speciale in ben cinque differenti stati, oltre che essere tra le voci politiche più critiche nei confronti del premier Bibi Netanyahu.



L’occasione per l’intervista del quotidiano torinese, ovviamente, è quella del recentissimo attacco da parte di Israele contro l’Iran che nell’arco di poco più di una settimana ha trascinato in un vero e proprio conflitto anche gli Stati Uniti: proprio questo sarebbe il vero successo di Tel Aviv, aver dimostrato con gli attacchi contro gli ayatollah che “stiamo agendo anche nell’interesse” degli USA in un momento in cui i “proxies [di Teheran] sono molto, molto indeboliti”.



Non solo, perché secondo Halevy con l’attacco sul suolo iraniano il primo ministro di Israele ha anche voluto lanciare un messaggio chiaro alla Cina che – a suo avviso – è già presente “qui (..) nel Mediterraneo” e “agisce in molti modi”: chiaro è, a suo avviso, che “siamo in guerra” da ormai poco meno di tre anni e “durerà ancora a lungo” con effetti a lungo termine che per ora sono del tutto imprevedibili.

Molto secondo Halevy dipenderà dalla reazione “di Russia e Cina nel prossimo futuro”, ma resta fermo il fatto che Israele dovrebbe anche cominciare a guardare alle “divisioni interne che stanno lacerando questo Paese“, ormai diviso in “due blocchi”: una situazione che secondo l’ex capo del Mossad finirà – specialmente “a lungo termine” – per essere “molto dannosa per Israele“, mettendo potenzialmente in pericolo “la tenuta del Paese per il futuro”.



Efraim Halevy: “La gente in Israele non ne può più di Netanyahu, è lui che rende impossibile un accordo sugli ostaggi a Gaza”

Soffermandosi su questi scontri interni a Israele, Efraim Halevy non fatica particolarmente a puntare il dito contro il primo ministro Bibi Netanyahu definendolo l’oggetto di “uno scontro molto serio” tra i sostenitori e oppositori che si trascina ormai “da anni”: lui stesso non ha mai nascosto di essere tre i detrattori del leader ebraico ed è certo che “prima o poi ci saranno elezioni”, ma senza sbilanciarsi sul momento effettivo in cui ciò potrebbe avvenire.

Benjamin Netanyahu (c), premier di Israele (Ansa)

Dal contro dell’ex capo del Mossad resta incerto fino a quanto potrà “sopravvivrà politicamente Netanyahu” dato che “una larga parte del paese non lo sostiene più“: voci – quelle contrarie al premier – che si affollano soprattutto dallo scoppio della “guerra a Gaza” e dal momento in cui molte parti della società si sono rese conto “chiaramente” che è proprio “Netanyahu a non permettere (..) un accordo” per la liberazione degli ostaggi da parte di Hamas con gli esiti ormai ben noti a tutti noi e che pesano soprattutto sui familiari di chi ancora – dopo quasi tre anni – è prigioniero a Gaza.