Io non mi stupisco più dal 1997. Fanno venticinque anni, un quarto di secolo. Però, in giro, c’è ancora molta sorpresa ogni volta che il nuoto italiano fa un exploit come quello di questi giorni, ai Mondiali di Budapest. Ci fai un articolo sul nuoto? No, vi spiego perché il nuoto è arrivato fino a qui, nel 2022, a stupirvi ancora.
In una notte afosa dell’agosto di Siviglia, ci ritrovammo con i dirigenti della Federnuoto a commentare l’Europeo appena concluso. Era stato un grande evento, con Emiliano Brembilla e Massimiliano Rosolino, i due atleti che hanno unito il Nord con il Sud, che avevano cominciato a raccogliere medaglie importanti: due argenti Rosolino, due ori Brembilla. Alberto Castagnetti, il compianto capo allenatore italiano, scomparso nel 2009, disse una frase che ora, a distanza di un quarto di secolo, si è rivelata profetica: “La differenza con il passato è questa: se ora nasce un buon nuotatore a Marsala o a Tarvisio, non ce lo lasciamo scappare”.
E così è stato, da Domenico Fioravanti, l’irregolare di Trecate, a Max Rosolino, l’austro-napoletano, che ci fecero vivere l’Olimpiade più dorata di sempre, Sydney 2000. Poi da Federica Pellegrini, la Divina di Mira, a Benedetta Pilato, la ragazzina rampante di Taranto, da Gregorio “Greg” Paltrinieri di Carpi, il nuotatore dei due mondi (piscina e acque libere), a Thomas Ceccon, lo Spitz (per via dei baffi che ora, però, dice di voler tagliare) di Schio, fino a Nicolò Martinenghi, il cestista mancato di Varese. E poi tutti gli altri che ci hanno accompagnato in questo quarto di secolo, Filippo Magnini, Luca Marin, Fabio Scozzoli, Alessia Filippi, Gabriele Detti, Simona Quadarella. E tutti quelli che non ci stanno, perché l’elenco sarebbe infinito. Per fortuna.
Il segreto del nuoto non è un segreto, è un lavoro, un progetto, esattamente il contrario di quello che non ha il calcio: la valorizzazione del talento. Il nuoto ha un programma di reclutamento, una struttura, dei centri federali, dei dirigenti federali che, da un ventennio, seguono gli atleti acquisendo conoscenze. Un gruppo di allenatori, prima coordinati da Castagnetti, ora da Cesare Butini, in cui si procede in sincrono. Gli atleti vengono sostenuti nei luoghi d’origine se non vogliono lasciarli, o affidati ai club delle grandi città o ai centri federali.
Così abbiamo il ricambio che dal 1997, anche con qualche basso (i Mondiali del 2003, l’Olimpiade londinese del 2012) che da questo basso ci permette di risalire, quando ci finiamo.
Federica Pellegrini non c’è più, ma l’acquario azzurro è ancora pieno di meravigliosi pesci.
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