In Florida, nel centro di ricerche di scienze biomediche Scripps Research con sede a La Jolla, uno dei più grandi centri di ricerca privati non profit al mondo, alcuni ricercatori hanno scoperto una mutazione del virus, chiamata D614G, rispetto a quello di Wuhan, che sembrerebbe renderlo più contagioso e resistente. Sarebbe la variante di virus che si è diffusa di più in Europa e nel nord-est degli Usa. “Anche a Brescia è stata scoperta una variante analoga, ancora oggetto di studio” spiega in questa intervista il professor Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario della Fondazione Istituto “Sacra Famiglia” di Cesano Boscone (Milano), membro dell’European Influence Surveillance Scheme (Eiss) e recentemente nominato supervisore scientifico della Rsa Pio Albergo Trivulzio di Milano. “Questa nuova scoperta, che darebbe come risultato una contagiosità cinque volte superiore a causa di questa mutazione, è però da verificare quanto sia realmente diffusa”.
Una mutazione del virus scoperta in laboratorio, senza test animali e tanto meno umani, quanto può essere importante?
Si tratta di capire quanto sia diffusa veramente questa mutazione, perché i virus sono delle quasi specie. In generale, e soprattutto quelli Rna, virus come questi hanno mutazioni, perché non hanno sistemi di regolazione ben precisi, sfruttano in un senso positivo un loro deficit. Ad esempio, altri virus, come quelli della polio o del morbillo, sono per così dire molto più stretti, un po’ più complessi nel loro meccanismo di replica, per cui sfruttano poco queste varianti.
Il virus Covid-19 invece ci riesce?
Sì, si tratta di virus piccoli e semplici e hanno una singola sequenza di Rna e quindi è possibile l’isolamento di una variante.
Si parla di picchi 5 volte superiori a quelli finora conosciuti, è possibile?
È possibile, però si tratta di capire se è un fatto singolo o la conferma di più sequenze che troviamo diffuse in modo particolare.
E’ un passo per capire come si comporta la mutazione a livello biomolecolare?
Certamente, è del tutto possibile e si tratta di qualcosa di molto utile.
Genetisti e virologi invitano alla cautela, perché?
Sono critiche fondate. Dipende anche dai casi, ma è interessante per approfondire i meccanismi sieropatologici, anche se mi sembra uno studio ancora tutto da definire.
Queste mutazioni sono quelle che porteranno la seconda ondata di cui si parla tanto?
Questi focolai, che si sono registrati al San Raffaele Pisana, a Niguarda o alla Garbatella, sono episodi con cui dovremo convivere. Se noi non riusciamo a stopparli, rischiamo di beccarci qualcosa di simile a una seconda ondata o di dimensioni di poco inferiore alla prima.
Per stopparli intende il ritorno al lockdown o alle cure sanitarie che abbiamo sviluppato durante la prima ondata?
No, basta lockdown. Bisogna fare indagini, diciamo così, simil poliziesche. I nove casi di coronavirus della Garbatella, che sono andato a studiare personalmente, sono stati causati da due anziani positivi che la badante peruviana è andata a trovarli, rimanendo lì la notte a dormire. Così è scoppiato il focolaio. Se si riescono a condurre queste indagini, il focolaio si blocca, altrimenti si diffonde, perché c’è sempre il rischio di infezioni. Ciò che conta è il margine di attenzione e di responsabilità del singolo, perché chiaramente un soggetto che ha la febbre e prende solo la tachipirina senza andare a farsi visitare porta in giro il virus.
(Paolo Vites)