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Home » Economia e Finanza » Industria » ILVA/ L’ultima commedia che divide Mittal e Di Maio

  • Industria
  • Lavoro

ILVA/ L’ultima commedia che divide Mittal e Di Maio

Giuseppe Sabella
Pubblicato 5 Settembre 2018
ilva_taranto_impianti_1_lapresse_2018

Impianti Ilva di Taranto (LaPresse)

L'incontro di oggi può segnare un punto di svolta. Mittal sarebbe disposta ad assorbire 11mila dei 14mila lavoratori. Unica condizione: che parta una trattativa. GIUSEPPE SABELLA

La giornata di oggi potrebbe segnare un giro di boa importante per quel che riguarda la vicenda Ilva, che – non ci stancheremo mai di ripeterlo – è cruciale per le sorti del nostro Paese, che nell’era di Industry 4.0 ha necessità di riaffermare la sua vocazione industriale e di confermarsi seconda potenza manifatturiera in Europa. Ciò non può prescindere dal rilancio dell’acciaio italiano.


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Il silenzio di Arcelor Mittal conferma il fatto che fino ad oggi è andata in scena una grande commedia: Di Maio è diventato l’ago della bilancia di questa grande vertenza, ma questo era ciò che il leader 5 Stelle cercava. Il ministro ha cercato sin dall’inizio di intestarsi il buon esito dell’operazione e strapparlo così al suo predecessore, di cui oggi – dopo i pareri di Anac e Avvocatura dello Stato – può dire “Calenda ha sbagliato tutto”.


SCENARIO INDUSTRIA/ Le emergenze sotto traccia che pesano sul Pil


Come mai neanche una parola da Mittal a fronte della possibilità di annullamento della gara? Evidentemente il colosso dell’acciaio – che vuole fortemente Ilva – sa bene che si tratta di un’eventualità remotissima, utilizzata da Di Maio per finalità di consenso.

Venendo all’incontro di oggi al Mise, convocato dal ministro, cosa ne può risultare? Chi scrive ritiene che possa esserci quell’avvicinamento tra le parti che porterà all’accordo. Sulla questione ambientale, le distanze sono relative; il vero divario da colmare è sui livelli occupazionali. Dopo l’ultimo incontro tra azienda e sindacati dei primi di agosto – che aveva lasciato invariate le distanze tra le parti – Mittal ha fatto sapere di essere disponibile a rivedere la sua proposta e, secondo qualche indiscrezione attendibile, l’azienda nella sua riorganizzazione arriverebbe ad assorbire nell’immediato circa 11mila dei 14mila lavoratori (e non più soltanto 10mila).


EX ILVA/ I nodi su investitori e occupati che rischiano di portare alla chiusura


I sindacati ovviamente vogliono “zero esuberi”, ma naturalmente al di là dell’intesa che possono trovare con Mittal, il Mise con la cassa integrazione e con gli incentivi all’esodo può facilitare l’accordo e ammortizzare le mancate assunzioni immediate.

Le posizioni non sono così distanti come sembra, perché naturalmente il Mise è parte in causa. Innanzitutto, ricordiamoci questa battuta di Di Maio dei primi di agosto: “Stiamo favorendo il dialogo sindacati-Mittal, ci sono esuberi e i sindacati non sono d’accordo, ma deve essere chiaro che se prima di noi è stato firmato un contratto in cui si dice ‘te ne devi prendere solo 10mila’, ora sarebbe una follia dire ‘ne devi prendere altri 4mila’”.


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Ora: sul numero di lavoratori che godranno dell’assunzione immediata naturalmente si tratterà. Il governo metterà sul piatto incentivi all’esodo per almeno 2.000/2.500 lavoratori e la cassa integrazione per coloro che non saranno assunti nell’immediato, con l’impegno che lo saranno a fine piano nel 2024.

Nel frattempo, in questi giorni i sindacati hanno effettuato un sopralluogo nel cantiere per i lavori di realizzazione della copertura dei parchi primari (minerali e fossili) dello stabilimento Ilva di Taranto. “I lavori proseguono e siamo al passo con i tempi previsti”, questo il responso di un rappresentante della Cimolai, responsabile per la sicurezza, ai segretari provinciali di Fim, Fiom, Uilm e Usb. Il cantiere è stato avviato l’1 febbraio scorso dall’azienda friulana, che si è aggiudicata l’appalto. L’investimento, pari a circa 300 milioni di euro, viene anticipato dall’azienda in amministrazione straordinaria, che poi verrà rimborsata dall’acquirente Am InvestCo Italy. Naturalmente se la vicenda Ilva si chiuderà con un lieto fine.


ILVA/ E quel ruolo dello Stato che non smentisce la dottrina Draghi


Nella serata di ieri è intervenuto sul caso proprio il ministro Di Maio, che così si è espresso: “È una corsa contro il tempo, perché il 15 scade tutto, ma sono fiducioso che arriveremo a una soluzione positiva”. L’ottimismo di Di Maio – che all’inizio addirittura faceva pensare di voler chiudere l’Ilva – è un ulteriore segnale che ci sono tutti gli elementi per arrivare a un accordo, a condizione che finisca la commedia e inizi la trattativa.

L’Italia ha bisogno di ritrovare la sua siderurgia, questa è la grande occasione. E lo è anche per Taranto: dopo anni difficili, può iniziare la stagione del recupero ambientale.


DALL'ALITALIA A WHIRLPOOL/ Tutte le crisi aziendali che Conte ha lasciato in eredità


Ne è convinto anche il primo cittadino, Rinaldo Melucci, che da colui che voleva fermare tutto (insieme a Michele Emiliano) è passato oggi a convincere i suoi concittadini della bontà dell’operazione che – parole sue – “non ha precedenti nella storia”.

Ha ragione Melucci, e con lui chi ci crede dall’inizio.

@sabella_thinkin

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