È stato pubblicato l'ultimo report della DIA sulla mafia in Italia: le attività di 'Ndrangheta, Cosa Nostra e Camorra tra Sud Italia e resto del mondo
È stato pubblicato nelle ultime ore il report del 2024 sulla realtà attuale della mafia sul nostro territorio da parte della DIA – ovvero la Direzione investigativa antimafia che si occupa del tema – con tutte le conclusioni (o almeno, quelle che si possono rendere pubbliche) a cui si è arrivati negli ultimi 12 mesi di indagini serratissime da parte degli inquirenti antimafia: tanti i capitoli del report e, a chi fosse interessato a recuperarlo integralmente, invitiamo a cliccare su queste parole; mentre qui ci soffermeremo solamente sui punti più salienti riportati dalla DIA, a partire dai numeri della lotta contro la mafia.
Solamente lo scorso anno, infatti, la DIA sostiene di aver confiscato un totale di oltre 253 milioni di euro tra beni (per 93 milioni) e patrimoni (i restanti 160 milioni) in mano alla mafia: delle varie note cosche, il colpo peggiore è stato inflitto alla siciliana Cosa Nostra, con confische per 104 milioni, seguite dalla campana Camorra, alla quale ne sono stati sottratti 56,7 milioni; mentre, complessivamente, a fronte di 53 differenti inchieste concluse lo scorso anno, sono state inflitte 309 pene, in larghissima parte provvedimenti restrittivi.
Il report della DIA sull’attualità della mafia in Italia: le osservazioni su ’Ndrangheta, Cosa Nostra e Camorra
Entrando nel merito delle varie cosche che fanno parte della mafia italiana, secondo la DIA la più radicata resta la ’Ndrangheta, che pur avendo raggiunto facilmente l’estero, resta profondamente radicata in Calabria e – soprattutto – a Reggio: negli anni, alle consuete attività mafiose e al predominio nel campo del “narcotraffico internazionale”, si è aggiunto un crescente interesse per “le grandi opere pubbliche, la gestione delle risorse economiche degli enti locali”, tra cui soprattutto ospedali e “servizi di raccolta rifiuti”; il tutto condizionando profondamente l’economia legale e “i processi decisionali”, anche attraverso le infiltrazioni politiche, “incidendo sulle competizioni elettorali”.
Il secondo capitolo del report sulla mafia della DIA è dedicato a Cosa Nostra, che attualmente – viene spiegato – sembra essere sprovvista di “una leadership solida e riconosciuta”, sostituita da “assetti a ‘geometria variabile’”: il territorio principale resta quello dell’intera Sicilia, ma non mancano neppure casi esteri e notevole è la propensione dei mafiosi siciliani a stipulare accordi “con ’Ndrangheta, Camorra e soggetti stranieri” per condurre i suoi business, soprattutto legati alle droghe; mentre alla violenza del passato è stato sostituito un modello “persuasivo”, che gli ha permesso di infiltrarsi facilmente “nei processi decisionali (…) tramite imprenditori compiacenti e prestanome”.
Infine, nel report la DIA cita – ovviamente – anche la Camorra, che è la mafia “di più lunga tradizione”, radicata in Campania e strutturata attorno a “cartelli o confederazioni” che agiscono in un ristretto “contesto socio-economico”, operando come “vere e proprie ‘imprese’”: parecchie anche in questo caso le infiltrazioni nelle “amministrazioni locali”, coadiuvate da “imprenditori collusi (…), professionisti conniventi o (…) ‘colletti bianchi’”; e, mentre qui le principali attività restano le droghe, le estorsioni e l’usura, l’interesse sembra rivolto sempre di più verso “attività illecite ad alto profitto e con ridotto rischio giudiziario”.