Nella Legge di bilancio ci sono misure a favore delle famiglie e del ceto medio, anche se si potrebbe fare di più
La Legge di bilancio compie un passo in più verso la sua forma definitiva, ancora ben lontana. Mancano infatti i passaggi nei due rami del Parlamento, con tutte le modifiche del caso: negli ultimi anni l’approvazione definitiva è sempre avvenuta negli ultimi giorni di dicembre.
La prima caratteristica di questa manovra è quella di avere un valore molto basso rispetto alle cifre a cui si era abituati negli ultimi anni, pari a 18,7 miliardi (cioè lo 0,8% del Pil). La legge viene finanziata per la maggior parte dal taglio delle spese dei ministeri (circa 2,2 miliardi), da un “aiuto” da parte degli istituti di credito (4,2 miliardi), dalla rimodulazione del Pnrr (4,9), da altre entrate (3,3) e da vere e proprie spese (2,4).
La parte più rilevante riguarda la prosecuzione della riforma fiscale: dopo aver ridotto gli scaglioni da 4 a 3, il Governo taglia di due punti percentuali l’Irpef per il ceto medio, passando dal 35% al 33%: i benefici ci saranno per tutti coloro che rientrano nella fascia dai 28mila euro ai 50mila di reddito, ma rimane dubbia l’effettiva efficacia.
Si tratta potenzialmente di 440 euro in più all’anno, ma per i redditi appena sopra la soglia minima dei 28mila il beneficio dovrebbe essere minimo. Si è discusso molto anche sull’ipotesi di allargare la fascia Irpef fino a 60mila euro di reddito, coerentemente come avviene in tanti Paesi europei, ma alla fine, almeno al momento, non si è riusciti ad ampliare la soglia dei beneficiari: questo avrebbe consentito certamente un aumento dei consumi di non poco conto.
L’altra misura molto importante, per quanto ancora abbastanza vaga, è la rimodulazione dell’Isee, con l’esclusione del valore della prima casa e, forse, l’introduzione di un coefficiente che calcoli la presenza di figli all’interno del nucleo familiare. Se fosse confermato, questo sarebbe un importante passo verso il quoziente familiare dal lato degli accessi ai bonus. È necessario però, ed ancora non è accaduto, che i figli vengano considerati anche per quanto riguarda il calcolo del reddito, e che questo a sua volta sia effettuato su base familiare e non singola, riconoscendo dunque la soggettività fiscale della famiglia.
Viene poi ampliato il bonus mamme, passando da 40 a 60 euro al mese per le lavoratrici (dipendenti con contratto determinato o indeterminato) con almeno due figli e un reddito inferiore ai 40mila euro.
Viene inoltre accennato un aumento del costo delle sigarette, pari a circa 1,5 euro al pacchetto entro il 2028. Mentre si discuteva la manovra scorsa, era emersa la possibilità di una tassa sul tabacco di 5 euro, che avrebbe avuto un duplice effetto: generare introiti di 13,8 miliardi riducendo la platea di persone bisognose di assistenza a causa del fumo, che causa oltre 93.000 morti l’anno ed è causa del 90% dei casi di tumore al polmone, costando più di 26 miliardi di euro l’anno (cfr. Aiom). Una misura, se applicata, certamente impopolare, ma con un forte ritorno in termini di sanità pubblica, che probabilmente andrebbe a influenzare, nel lungo periodo, anche le liste d’attesa.
Con le poche misure a disposizione, di cui si è fatta un’analisi non completa di ogni voce, sembra che i punti toccati siano quelli giusti sul sostegno alla famiglia e al ceto medio, che potenzialmente potrebbe avere un effetto interessante sui consumi e, dunque, sulla produttività e sull’occupazione, effetto forse mitigato dall’esclusione della fascia dai 50mila ai 60mila euro di reddito, come precedentemente affermato.
Per quanto riguarda la natalità, la modifica dell’Isee è certamente importante (anche se in ritardo decennale), ma senza un intervento shock dal lato della tassazione non ci si può aspettare un’inversione del trend demografico.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.