Maturità 2025: ecco tutte le tracce assurde che (quasi) sicuramente non usciranno. Tra provocazioni, paure e titoli da fantascienza
Ogni anno, mentre gli studenti si preparano ad affrontare la tanto temuta prima prova della Maturità 2025, c’è un rito collettivo che puntualmente si ripete: la caccia alle tracce, una sorta di tototracce nazionale che si nutre di voci, sogni, superstizioni, indiscrezioni campate per aria e anche di un pizzico di ironia, perché se c’è qualcosa che gli studenti italiani sanno fare bene, è stemperare l’ansia con l’autoironia.
E così, tra previsioni improbabili e ipotesi surreali, spuntano ogni anno i titoli delle tracce “impossibili” per la Maturità 2025, quelle che nessuno si aspetta davvero di vedere stampate sul foglio bianco il giorno della prova ma che, nel frattempo, si trasformano in un curioso termometro delle paure e delle speranze di un’intera generazione; prendiamo, ad esempio, l’analisi del testo letterario – la famigerata tipologia A – che già di per sé rappresenta uno scoglio emotivo e culturale non indifferente per molti.
Immaginare di trovarsi alla Maturità 2025 di fronte a una pagina di Anna Maria Ortese, con il suo stile frammentato e denso di malinconia urbana, è un incubo per chi ha passato l’ultimo anno scolastico a decifrare Ungaretti e Montale; “Il mare non bagna Napoli” è un’opera intensa, poetica, ma ostica e proporla all’esame significherebbe chiedere ai maturandi di interpretare un linguaggio pieno di ombre e suggestioni che in pochi si sentono in grado di maneggiare.
Non va meglio con Amelia Rosselli, autrice di una poesia quasi criptica, che parla un linguaggio suo, personalissimo, in cui i versi sembrano onde impazzite: giudicare un testo simile in sede d’esame sarebbe un azzardo, una sfida ai limiti della comprensione letteraria.

Maturità 2025: quando le tracce sembrano uscite da un laboratorio di fantascienza
Se ci si sposta sulle tracce argomentative della prima prova di Maturità 2025 – la cosiddetta tipologia B – le cose non si semplificano, anzi, diventano ancora più ambiziose; prendiamo il tema “Il silenzio come forma di comunicazione”, bello, raffinato, quasi mistico, ma scriverci sopra 500 parole senza scadere nel banale richiede una sensibilità e una profondità non comuni.
O ancora, “Il fallimento come chiave del successo”, un ottimo spunto per un intervento da palco TED, ma forse un po’ fuori scala rispetto al contesto scolastico; sarebbe come chiedere a uno studente di raccontare il proprio curriculum da startupper californiano quando l’unica azienda che ha gestito finora è un profilo Instagram. E poi c’è l’utopia, da Morus a Bauman: affascinante, certo, ma difficile da maneggiare senza finire nella trappola dell’astrazione totale o della retorica da tema delle medie.
Anche le tracce d’attualità della Maturità 2025, sulla carta più accessibili, possono trasformarsi in un campo minato di paradossi e domande provocatorie: “Vivremo su un altro pianeta?” è il classico esempio di suggestione ai limiti della fantascienza che rischia di deragliare in una riflessione pseudoscientifica sui viaggi spaziali e non tutti hanno le basi per affrontarla con rigore.
Ancora più spiazzante è la traccia “La scuola ideale non ha banchi”, che suona come un invito alla rivoluzione pedagogica, affascinante sulla carta, ma forse troppo destabilizzante per un esame che, nel suo rituale, cerca invece di garantire continuità e riconoscibilità, e poi c’è la vera provocazione: “Meglio TikTok o la Treccani?”, un quesito che ha il sapore di una chiacchierata da bar digitale, più che di un saggio scolastico e, il rischio concreto è che gli studenti finiscano a raccontare la loro playlist preferita anziché proporre un’analisi critica del linguaggio e dell’informazione contemporanea.
