Salvo Sottile analizza il fenomeno dei Me Contro Te: cos'ha rivelato

Nel corso dei loro dieci anni di carriera, i Me Contro TeLuigi Calagna e Sofia Scalia – sono diventati un fenomeno mediatico unico in Italia. Partiti da YouTube con sfide casalinghe e video ironici, hanno conquistato milioni di bambini trasformandosi in un vero e proprio marchio. Difatti, hanno portato al cinema film che hanno sbancato il botteghino, riempito teatri con spettacoli live, pubblicato libri, lanciato una linea di giocattoli e gadget. A questo si aggiunge anche un imponente investimento, dato che, secondo le ultime indiscrezioni, la coppia possiederebbe 37 immobili a Milano, per un valore stimato intorno ai 17 milioni di euro.



Negli ultimi giorni, oltre al loro patrimonio, si è parlato molto anche del rinvio del loro matrimonio, portandoli al centro del gossip. Ma, al di là della cronaca rosa, in tanti hanno iniziato a chiedersi cosa c’è davvero dietro il successo di Luì e Sofì. Adesso, ad analizzare più a fondo il fenomeno dei Me Contro Te è stato il giornalista Salvo Sottile. Stando a quanto riportato dal giornalisti, i contenuti proposti dal duo sono evidentemente pensati per un pubblico infantile, ma non sempre vengono classificati come “kids” dalle piattaforme. In questo modo, i video possono mantenere attive funzioni come pubblicità mirata, commenti e abbonamenti premium, che invece dovrebbero essere disattivate quando si tratta di contenuti destinati ai bambini.



Salvo Sottile (screen da YouTube)

I Me Contro Te nel mirino: cosa sta succedendo

Non solo, secondo Salvo Sottile, il modus operandi dei Me Contro Te permette loro do guadagnare fino a dieci volte di più rispetto a un normale video kids. Una dinamica che lui ha definito un vero e proprio “Far West digitale”, in cui contenuti che sembrano innocui e divertenti nascondono invece logiche economiche ben precise. Per Sottile, però, il punto non è prendersela con Luì e Sofì, bensì mettere in luce un meccanismo che riguarda l’intero mondo del web. In particolare, il vero rischio è che l’infanzia venga progressivamente trasformata in un mercato, dove i bambini non sono solo spettatori, ma diventano soprattutto un target commerciale.

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