Gli attacchi USA in Iran contro il diritto internazionale? NATO e Merz difendono Trump, Cina parla di "aggressione" ma su Hormuz "sta" con l'Occidente
LA LEGITTIMITÀ INTERNAZIONALE O MENO DEGLI ATTACCHI DI TRUMP SULL’IRAN: LA NATO (CON MELONI E MERZ) CON GLI USA
Col senno di poi, e vedendo cosa ha generato l’attacco degli USA contro le basi nucleari dell’Iran, la mossa del Presidente Trump ha comunque scompaginato gli scenari di guerra in Medio Oriente portando ad una tregua, seppur minima, Israele e Teheran: resta però il tema della legittimità o meno del diritto internazionale di attaccare un Paese estero e in quali contesti. Secondo Teheran – così come ribadito, a parole, anche dagli alleati storici del regime Cina e Russia – l’aggressione degli USA è stata insensata e grave, con una risposta che «sarà fortissima».
La minima rappresaglia lanciata ieri sulle basi USA in Qatar fa invece intuire come i proclami tra realtà e ideologia siano ancora molto “distanti” in Iran, con l’attacco mosso dalle forze iraniane che ha prima avvertito gli Stati Uniti e Doha e poi colpito senza particolari danni. Dentro dunque un complesso scenario globale che va a delinearsi dentro la possibile escalation in Medio Oriente, quanto avviato nella notte tra il 21 e il 22 giugno 2025 dall’America di Trump divide ulteriormente la comunità internazionale. Secondo il Segretario alla Difesa Hegseth l’azione del Presidente rientra nei poteri spettanti al “Commander in chief”, mentre i Dem USA parlano di impeachment possibile per una mossa considerata troppo spregiudicata.
Il tema è capire che tipo di azione ha messo in atto: non si tratta di un’azione di guerra avviata, ma più di un mirato obiettivo contro tre siti militari che avrebbero potuto produrre armi nucleari: si questo gioca l’equilibro molto delicato delle azioni in mano al Presidente USA, specie senza il via libera del Congresso (come stabilisce la legge War Powers Resolution del 1973. Se si considerano però le conseguenze a livello internazionale sull’attacco USA all’Iran, in Occidente la NATO si allinea a Washington ritenendo sensata e giustificata l’azione intrapresa contro Fordow, Natanz e Esfahan: «non è in contrasto col diritto internazionale», ha spiegato il segretario generale Mark Rutte aprendo ieri il vertice dell’Alleanza all’Aja.
DOPO LA RUSSIA ANCHE LA CINA CRITICA LE MOSSE USA (MA NON FA NULLA PER EVITARLE)
La paura principale della NATO, e dell’intero Occidente, è che non solo per l’incolumità di Israele ma dell’intera comunità internazionale che l’arma atomica non sia nelle disponibilità dell’Iran: secondo Rutte occorre eliminare qualsiasi rischio eventuale, e così l’attacco mirato solo sui siti di sviluppo dell’uranio rappresenterebbe una mossa che tiene conto del diritto internazionale. Con il n.1 della NATO anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e, stamane, pure il Cancelliere tedesco Friedrich Merz il quale sottolinea non vi sia alcuna ragione di criticare gli attacchi contro l’Iran, dato che occorre fermare ogni minaccia di arma nucleare in quella regione.
Non sono ovviamente dello stesso avviso, oltre a Teheran, anche i principali alleati di Khamenei sebbene non sia giunta alcuna rappresaglia diretta né dalla Cina né dalla Russia: Mosca con Putin ritiene l’aggressione americana «ingiustificata» anche se non bastevole per interrompere il dialogo rinnovato tra Russia e Stati Uniti. La Cina ha invece una posizione ancora più complessa, anche perché a livello internazionale è palpabile la tensione attorno a quello che potrebbe combinare Pechino con la vicina isola di Taiwan: secondo i burocrati del regime di Xi Jinping, l’attacco contro le basi in Iran è da condannare senza alcuna remora, sollecitando una tregua totale fin da subito, «le bombe sono un colpo alla sicurezza globale».

Di contro però, la posizione particolare della Cina sulla eventuale chiusura dello Stretto di Hormuz nel Golfo – la minaccia sganciata dall’Iran come ripercussione agli attacchi subiti – vede una distanza netta presente tra Pechino e il suo alleato sciita: «ci opporremo quasi certamente alla chiusura, ma lo faremo a modo nostro». Così il direttore dell’Istituto per gli Affari internazionali a Pechino, Wang Yiwei, risponde a tono al Segretario di Stato USA Marco Rubio che aveva chiesto una mediazione cinese alla possibilità di chiusura di Hormuz da parte dell’Iran.
La Cina ha bisogno di quel passaggio per il petrolio che Teheran le vende e non può permettersi di bloccare il mercato internazionale: vuole farlo però con una propria “autonomia”, manifestando critiche per le mosse americane ma al contempo comprendendo che una soluzione diplomatica sia molto più conveniente di una escalation incontrollata in Medio Oriente.
