Mosca ha incassato 883 miliardi dai combustibili fossili dal 2022: 209 versati dall’Europa che continua ad acquistare nonostante le sanzioni

Da febbraio 2022 Mosca ha incassato la cifra impressionante di 883 miliardi di euro grazie alla vendita di combustibili fossili – gas, petrolio, carbone – e una fetta importante di questi guadagni, ben 209 miliardi, è arrivata proprio da quei Paesi dell’Unione Europea che – almeno a parole – avevano promesso di interrompere ogni legame energetico con la Russia: si tratta di una contraddizione che pesa, politicamente ed economicamente, perché mentre Bruxelles continua a ribadire l’intenzione di eliminare del tutto le importazioni russe entro il 2027, nella pratica accade l’esatto contrario.



Nel solo 2024 le importazioni di gas da Mosca verso l’Unione sono aumentate del 18% e, a trainare questa crescita, sono state soprattutto l’Italia, la Francia e la Repubblica Ceca e la cosa che colpisce di più è che questa impennata non è stata causata da un aumento dei consumi, perché la domanda interna europea è rimasta pressoché invariata, ma è il prezzo ad aver fatto la differenza.



Il costo in Europa è salito del 59% rispetto all’anno precedente e così, anche comprando meno volumi, l’ammontare dei pagamenti verso Mosca è comunque cresciuto: questo significa che ogni euro speso per il riscaldamento o per l’energia, ogni carico sbarcato nei porti del continente, continua in qualche modo a sostenere le casse del Cremlino, che su queste entrate costruisce una percentuale enorme – oltre il 60 – del proprio bilancio statale.

Inoltre, una parte del combustibile e del petrolio russi arriva in Europa attraverso canali indiretti, come le raffinerie turche e indiane che rielaborano il greggio russo, lo mescolano con altri prodotti e lo rivendono come carburante non sanzionato, aggirando così i divieti ufficiali con meccanismi che restano perfettamente legali.



Mosca esporta ancora in tutta Europa: il gas aumenta, il greggio passa per Paesi terzi, le sanzioni diventano simboliche

Nel 2025 il gas di Mosca ha continuato ad attraversare i confini europei in volumi che aumentano, nonostante le sanzioni e i proclami di disaccoppiamento: tra gennaio e febbraio di quest’anno, secondo i dati CREA, il transito di gas attraverso la Turchia è aumentato del 26,7% rispetto allo stesso periodo del 2024, e metà del gas naturale liquefatto prodotto in Russia è finito comunque nei Paesi dell’Unione, contribuendo a tenere in piedi una relazione commerciale che sulla carta doveva essere interrotta ma che nei fatti si dimostra ancora solida.

La questione energetica è oggi il vero tema irrisolto del rapporto tra l’Europa e la Russia: da un lato c’è l’impegno politico a supportare l’Ucraina e a punire Mosca per l’invasione, dall’altro però c’è un’industria energetica ancora dipendente dalle forniture russe, che non ha trovato alternative sufficientemente stabili e che continua, in vari modi, a mantenere attivo quel flusso di denaro che finisce direttamente nelle casse del governo di Vladimir Putin.

In questo contesto, secondo i calcoli aggiornati a fine maggio, gli Stati occidentali che sostengono Kiev con aiuti militari ed economici hanno comunque pagato tre volte di più alla alla Russia per i suoi idrocarburi di quanto abbiano versato all’Ucraina in forma di assistenza diretta; l’export di combustibili fossili resta, quindi, la linfa vitale dell’economia russa e la sua stabilità dimostra che le misure adottate finora non hanno colpito davvero il sistema, ma hanno solo cambiato il modo in cui circola l’energia, spostando i punti di ingresso, modificando le rotte, ma lasciando intatto il risultato finale.