FINANZA & MOTORI/ Le ultime mosse suicide dei produttori d’auto

- Franco Oppedisano

Sono tempi duri per l’industria automobilistica. I licenziamenti di GM sono l’ultima di una serie di mosse che sembrano contrarie a ogni logica

lavoro operaio fabbrica attività (LaPresse)

Tempi duri per l’industria automobilistica. Stretti tra regole che diventano sempre più assurde, innovazioni tecnologiche che nessuno vuole comprare, mercati fondamentali come la Cina in difficoltà e problemi produttivi legati alla Brexit e ai nuovi dazi, i manager del settore non sanno più che pesci pigliare. O meglio: sanno che non hanno alternative. Devono andare contro la logica, il mercato, i propri clienti per evitare di essere massacrati di multe, dalle amministrazioni pubbliche, dai tribunali.

Devono ridurre gli utili e investire decine di miliardi in settori che, almeno finora, non hanno la minima possibilità di espandersi se non in maniera supportata dagli Stati. Devono combattere su terreni che non sono i propri contro i giganti dell’elettronica perché non possono farne a meno. Devono puntare sulla condivisione del prodotto anche se finora nessuno ha la minima idea su come farci dei soldi. Devono cambiare una struttura produttiva efficiente e collaudata per seguire i capricci delle nuove guerre commerciali. Insomma, devono fare ciò che farebbe orrore anche a uno studente di economia del primo anno. E suicidarsi dal punto di vista industriale per trasformarsi in quel fornitore di servizi di mobilità che vuol dire tutto e non vuol dire niente.

L’idea migliore di questa totale confusione ce l’ha data nei giorni scorsi General Motors, che per riuscire a “puntare dritto verso l’auto elettrica a guida autonoma” ha deciso di licenziare più di 14 mila persone. I soldi risparmiati, come per tutti i costruttori, saranno impiegati per raggiungere il Sacro Graal di un’auto a batteria che faccia davvero 500 chilometri e si ricarichi in una ventina di minuti.

Quanto costeranno questi veicoli non si sa. Né chi le comprerà. Di certo non gli agricoltori americani dell’Oregon o chiunque nel mondo non abiti in grandi città. Anche perché tutta questa innovazione servirà sempre e comunque agli abitanti di quelle che saranno le megalopoli del futuro, quelle che ingloberanno milioni di abitanti. Per tutti gli altri si vedrà. O meglio: si sta già vedendo, in Francia. Al di là delle Alpi è in atto una battaglia tra cittadini e “campagnoli”. Il Governo ha deciso di aumentare il prezzo dei carburanti per ridurre le emissioni e migliorare la qualità dell’aria. Peccato che ci siano milioni di francesi che vivono lontano dai centri abitati che devono per forza usare le auto, quelle normali a motore termico, per andare al lavoro, fare la spesa, andare da un vicino… che abita a quattro o cinque chilometri. I giubbotti gialli ce l’hanno con i parigini e il Governo che con la metropolitana sotto casa possono farsi belli con la vetturetta elettrica, con la protezione dell’ambiente, con la lotta al buco nell’ozono che forse si è chiuso e forse no. Ma questo è solo l’inizio, perché a parole siamo tutti per un ambiente pulito. Però i costi non devono ricadere sulla parte più debole della popolazione.

Se i tempi sono duri per l’industria automobilistica, lo sono ancora di più per i top manager del settore. L’ormai ex capo di Audi Rupert Stadler è rimasto in galera per quasi sei mesi in Germania per la questione del device che tagliava le emissioni in casa Volkswagen, mentre l’ancora attuale capo di Renault Carlos Ghosn è in galera in Giappone per questioni fiscali e di appropriazione indebita. Se qualcuno lo avesse anticipato quattro o cinque anni fa ci saremmo messi a ridere perché sono figure in tutto paragonabili come carisma e realizzazioni a Sergio Marchionne. Ma quando gli dei cadono vuol dire che per i comuni mortali le tempeste sono di un livello inimmaginabile.







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