Nel suo discorso all'ONU, Netanyahu ha promesso di non arrendersi ad Hamas: la guerra contro i terroristi continuerà fino alla pace in Medio Oriente

È stato un lungo discorso quasi interamente incentrato sulla guerra contro Hamas e sulle tensioni in Medio Oriente quello tenuto dal premier israeliano Bibi Netanyahu davanti alla platea dell’Assemblea ONU in corso in questi giorni a New York, accolto da centinaia e centinaia di delegazioni nazionali che hanno scelto di abbandonare l’aula tra fischi e applausi (da parte dei sostenitori) rivolti al premier israeliano; tutto accompagnato da una spilla con un QR code appuntata sulla giacca di Netanyahu che rimanda a un sito in cui sono state raccolte le atrocità del 7 ottobre, mentre il discorso è stato trasmesso con alcuni altoparlanti anche all’interno della Striscia di Gaza.



Salito sul palco dell’ONU, Netanyahu ha voluto da subito mettere in fila i successi del suo operato tra la distruzione del programma nucleare dell’Iran che “minacciava anche gli Stati Uniti e le nazioni di tutto il mondo”, l’eliminazione della minaccia degli “Houthi”, di “Hezbollah”, del regime di “Assad in Siria” e delle “milizie sciite iraniane in Iraq”; tutto ringraziando il presidente statunitense Donald Trump per “la sua azione coraggiosa e decisa” sul territorio dell’Iran.



Successi – ha proseguito Netanyahu – che non permettono ancora al popolo israeliano di stare tranquillo perché “gli ultimi resti di Hamas sono trincerati a Gaza City” e minacciano di ripetere “ancora, ancora e ancora” gli orrori del 7 ottobre: per questa ragione, Netanyahu ha sottolineato che “con Hamas non abbiamo ancora finito” e che intende completare l’operazione “il più velocemente possibile”, partendo dal riottenere indietro i “20 ostaggi ancora in vita – dei quali elenca anche i nomi – affamati, torturati, privati ​​della luce e di ogni umanità”.



Netanyahu: “Non accetteremo mai uno stato terrorista alle nostre porte ma costruiremo la pace in Medio Oriente”

Rivolgendosi, poi, direttamente ai leader di Hamas, Netanyahu li ha esortati a “deporre le armi, liberare il mio popolo e i miei ostaggi“, con la garanzia che solo in questo momento “sopravviverete, altrimenti vi daremo la caccia”: se i terroristi palestinese “accettassero le nostre richieste, la guerra potrebbe finire subito“, purché la Striscia venga “smilitarizzata, a Israele sia garantito il controllo della sicurezza e un’autorità civile pacifica” venga eletta dai palestinesi; precisando che quell’autorità non può in nessun modo essere l’ANP che accusa di “pagare i terroristi per uccidere gli ebrei” e di intitolare “edifici, piazze e scuole agli assassini di massa degli ebrei.

Benjamin Netanyahu con il segretario di Stato Usa Marco Rubio al Muro del pianto (Ansa)

Al di là dei ringraziamenti a Trump, nel suo discorso Netanyahu ha anche aspramente criticato l’Occidente, accusandolo di aver “ceduto alla pressione di media di parte, di gruppi islamisti radicali e di folle antisemite“, schierandosi – a suo avviso – dalla parte sbagliata della storia, tra coloro che “hanno assassinato molti dei vostri concittadini” invece che con “i coraggiosi soldati che vi proteggono dai barbari alle porte”.

In tal senso, secondo Netanyahu sarebbe del tutto incomprensibile l’accusa di star commettendo un genocidio quando il rapporto tra i morti civili e militari a Gaza “è incredibile basso” e quando “stiamo facendo tutto il possibile per salvare i civili“: secondo Netanyahu si tratta di vere e proprie “bugie” che finiscono per alimentare un “antisemitismo” che dilaga sempre più rapidamente in ogni angolo del mondo; tutto criticando anche chi promuovere il riconoscimento della Palestina, facendo passare il messaggio che “uccidere gli ebrei ripaga“.

Chiaro è – continua Netanyahu – che riconoscere la Palestina e promuovere la soluzione dei due stati altro non è che fornire una “ricompensa (..) ai fanatici intolleranti” permettendogli di insediarci “a un miglio da Gerusalemme”: per il premier israeliano si tratta di una “follia” che “non accetteremo”, perché mai Israele vorrà avere alle sue porte “uno stato terrorista”; promettendo (o immaginando) che dopo la fine della sua guerra, “il Medio Oriente apparirà radicalmente diverso” privo di tutte quelle persone che “oggi muovono guerra a Israele” e abitato – conclude Netanyahu – da “coraggiosi costruttori di pace”.