La decisione di abbandonare l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) presa da Trump – peraltro anticipata già nel corso del suo primo mandato – non va vista come una retaliation (ritorsione), ma obbedisce ad una logica di cui i segni premonitori sono emersi ormai da alcuni anni. Innanzitutto le critiche e l’opposizione al nuovo protocollo proposto dall’OMS stanno montando da più parti, realizzando un’inusuale convergenza tra posizioni politiche di destra e di sinistra. Il nuovo protocollo – denominato Zero Draft – si propone di operare modifiche all’attuale Regolamento Sanitario Internazionale (RSI) con l’obiettivo di rafforzare l’OMS nella gestione (diretta) delle emergenze sanitarie. Queste proposte, se adottate, avranno un impatto significativo sulle strategie di gestione delle pandemie e delle crisi sanitarie globali.
È veramente disdicevole che i testi in discussione siano lacunosi e rimandino a successive integrazioni, violando così regole vincolanti (art. 55 del testo del RSI) che impongono che “ogni proposta di emendamento dovrà essere comunicata a tutti gli Stati dal Direttore generale almeno quattro mesi prima dell’Assemblea della Salute in cui viene posto in discussione”. Il nuovo testo è stato reso disponibile solo il 17 aprile 2023, dopo quattordici mesi di negoziati a porte chiuse. L’urgenza di voler approvare quel documento – in assenza di consenso e di approfondita conoscenza – è perlomeno sospetta e comunque la definizione di quelli che non sono “dettagli”, ma aspetti essenziali, non può essere rimandata a future decisioni a trattato approvato.
Il nuovo documento prevede inoltre l’istituzione di nuovi e costosi organi di direzione e organi sussidiari, con conseguente aggravio di burocrazia. La sostenibilità finanziaria è inoltre dubbia e, come esplicitato dall’art. 20, da “definire in futuro”. Certo, si rinvia al coinvolgimento di molteplici stakeholders privati – interessati in prima persona alla produzione e distribuzione di “prodotti pandemici” (vaccini) – senza offrire delucidazioni che – come al solito – vengono rinviate a momenti successivi all’approvazione del trattato (art. 12).
Sempre sospetto è che come interlocutori dell’OMS vengono suggerite non bene specificate “organizzazioni internazionali”, comprendenti organizzazioni private (filantropie globali, ONG internazionali, organizzazioni pubblico-private), che non sono firmatarie, né direttamente soggette ai RSI.
La nuova governance globale della salute sarebbe improntata ad un cosiddetto “multistakeholderismo”, demandandola quindi a soggetti non statali, i cui interessi privati sono invece ben chiari. In parole povere questo comporterà che l’accesso ai farmaci prodotti da Big Pharma sarà facilitato dall’OMS come unico decisore. Questo sotterfugio è già stato sperimentato durante il Covid, quando i meccanismi messi in essere dalla stessa OMS – come il COVAX – sono stati dominati e diretti da organizzazioni private (GAVI e CEPI).
Ma l’adozione del nuovo trattato ha risvolti più inquietanti. Innanzitutto, l’OMS si riserva di attivare una sorta di “psico-polizia”, volta a controllare e manipolare l’informazione “scientifica”. In nome della “alfabetizzazione scientifica, sanitaria e pandemica” verrà esteso il controllo sull’accesso a “informazioni trasparenti, accurate, basate sulla scienza e sulle prove” (art. 18). Il meccanismo di censura è già quindi previsto e così gli strumenti per “contrastare la cattiva informazione e la disinformazione”.
In secondo luogo, l’accettazione dei nuovi RIS concederà all’OMS un potere senza precedenti sui cittadini di tutti i Paesi. L’OMS ci dirà se – in presenza di una potenziale “emergenza” o qualunque cosa percepita tale – potremo lavorare, vedere le nostre famiglie o viaggiare. Ci dirà quando dovremo essere confinati, esaminati, testati e iniettati. Gli Stati si saranno impegnati a seguire un lungo elenco di altre direttive che detterà il Direttore generale, e a reprimere il nostro disaccordo in caso di reclamo. Soprattutto, potrà anche imporci trattamenti medici contro la nostra volontà.
Architrave di questo disegno è la ridefinizione del concetto di “One Health”. Questo termine verrà espanso per includere anche eventi nella biosfera che potrebbero influenzare il benessere dell’umanità, e sarà ampiamente plasmabile in base alle necessità contingenti. Questa sottrazione di libertà e di sovranità nazionale è inaccettabile e lascia intuire come dietro ci sia ben altro, al momento solo ipotizzabile.
La strategia ha però un duplice tallone d’Achille. Il primo riguarda i finanziamenti. Nel corso degli anni, i filantropi miliardari sono diventati il secondo più grande donatore dell’OMS, rendendo l’agenzia sanitaria fortemente dipendente dal loro supporto per continuare a funzionare. I Paesi membri versano i cosiddetti “contributi accertati”, una percentuale del PIL di un Paese concordata ogni due anni all’Assemblea mondiale della sanità. Di solito, queste somme coprono meno del 20% del budget totale dell’OMS. L’incapacità dell’OMS – che aveva dato buona prova di sé nell’eradicare la poliomielite – nell’affrontare le vere emergenze sanitarie (incluso la pandemia di diabete e obesità, i tumori, le patologie correlate alla malnutrizione del terzo mondo), si era venuta appalesando già alla fine degli anni 80, quando gli Stati membri decisero di congelare i loro contributi. Da allora il bilancio biennale dell’OMS si è assottigliato sempre di più. Oggi, oltre l’80% dei finanziamenti dell’OMS si basa su “contributi volontari”, in genere destinati a progetti o malattie specifici, il che significa che l’OMS non può decidere liberamente come utilizzarli.
Dopo gli USA, la Cina è tra i più importanti contributori statali del bilancio, mentre La Fondazione Bill & Melinda Gates da sola è responsabile di oltre l’88% dell’importo totale donato dalle fondazioni filantropiche all’OMS. Gli Stati Uniti sono stati il maggiore donatore con circa 900 milioni di dollari, pari a circa il 15% del budget dell’OMS. La Fondazione Gates è arrivata solo seconda, con 531 milioni di dollari. Questa pervasiva influenza dei privati ha fatto sì che i settori delle malattie non trasmissibili (tumori, malattie cardiovascolari e respiratorie, diabete e malattie mentali) siano decisamente sotto-finanziati e, conseguentemente, campagne importantissime – come quella relativa all’influenza dell’industria alimentare sulla cattiva alimentazione – siano stati sostanzialmente abbandonati.
È evidente che priorità e funzionamento dell’OMS sono determinati in massima parte dagli obiettivi cui attori pubblici e privati vincolano i propri contributi volontari. E questo controllo si è ormai esteso anche alla ricerca scientifica, all’uso delle risorse umane, al controllo dei media, lasciando ampio spazio a lobby di qualunque tipo. Le conseguenze vanno ben oltre l’aspetto finanziario e contribuiscono a tratteggiare una governance inaffidabile, caratterizzata da una filiera sfilacciata, indebolita, ridotta alla mercé di entità ibride quali sono le partnership pubblico-private.
Ma il vero fallimento dell’OMS è stato registrato nella sua incapacità di essere un organismo super partes, configurandosi invece come un’organizzazione dipendente dalla politica o dai poteri che plasmano il mondo. Ha perso di vista le criticità sanitarie del mondo reale, deludendo proprio le nazioni più povere. I dati recenti della pandemia Covid stanno lì a dimostralo. Se si guarda al primo anno di distribuzione dei vaccini anti-Covid, ad esempio, i Paesi ad alto reddito hanno raggiunto tassi di vaccinazione del 75-80%, mentre i Paesi a basso reddito avevano vaccinato meno del 10%. In tali situazioni, l’incapacità dell’OMS di stabilire priorità efficaci, aggravata dalla mancanza di programmi lungimiranti e dal peso di uffici regionali burocratici che duplicano solo le migliori competenze già disponibili, non hanno fatto che far precipitare nell’irrilevanza l’organizzazione. È istruttivo (e desolante) leggere al riguardo il libro di Francesco Zambon, Il Pesce piccolo.
L’OMS deve quindi smettere di operare come service provider di molti singoli donatori. È per questo che Trump la vuole abbandonare. È per questo che altri Paesi – come l’India – si stanno organizzando per sottrarre l’OMS all’attuale dirigenza. Al pari di altre istituzioni, l’OMS – soprattutto nel corso della direzione del criticatissimo Ghebreyesus – ha esaurito la sua funzione in un mondo dominato da Big Pharma. Non ha saputo contrastarla, non ha saputo imporre le giuste priorità. Ora pretende rilanciarsi con un trattato che costituisce un pericolo per la libertà delle persone e degli Stati. Ci si può realmente stupire se Trump voglia “chiamarsi fuori”? Sarebbe il caso che anche altre nazioni – l’Italia in primis – ci facciano un pensierino.
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