Mons. Vincenzo Paglia sulla malattia di Papa Francesco e sulla volontà di catechesi della fragilità al mondo: “il malato non deve essere scartato”

L’INSEGNAMENTO DI PAPA FRANCESCO NEL “RACCONTARE” LA SUA MALATTIA IN PIENA VERITÀ

Nonostante abbia interrotto le sue catechesi in presenza nelle Udienze Generali e Giubilari dall’inizio del suo ricovero al Gemelli, Papa Francesco nel suo modo di vivere la malattia raccontando ogni giorno le sue condizioni con bollettini anche molto specifici, insegna comunque molto al popolo cristiano che da due settimane si stringe in preghiera ogni giorno per il proprio padre. Come spiega mons. Vincenzo Paglia, attuale Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, è una «catechesi sulla fragilità» quella che incarna il Santo Padre dal decimo piano dell’ospedale Gemelli di Roma.



Anche per questo parlare di dimissioni o rinunce non ha alcun senso, come lo stesso Paglia ebbe a dire negli scorsi giorni durissimi per le notizie preoccupanti che arrivavano dal Policlinico: ora che il quadro è in netto miglioramento, ma con degenza ancora lunga, colpisce ancora di più questa fase di malattia dell’anziano Pontefice che trasmette tutta la sua fragilità ma anche la sua profonda fede nel Signore e nella Chiesa. Intervistato da “Famiglia Cristiana”, il vescovo simbolo della cultura contro lo scarto e in favore della vita prova a raccontare da vicino cosa significhi per il Papa comunicare il suo dolore e la sua malattia.



«È una persona anziana e sofferente», spiega al settimanale cattolico, ma che ha voluto con la sua presenza e comunicando info dettagliate nei bollettini, «fornendo così a tutti noi una straordinaria catechesi sul senso della fragilità». L’invito alla preghiere e alla vicinanza è esattamente quello che ogni comunità cristiana dovrebbe sperimentare davanti ai malati e gli anziani tutti i giorni, non solo perché riguarda Papa Francesco: come ha sempre ricordato il Pontefice escludendo le dimissioni “facili” davanti alle prime difficoltà fisiche, si governa la Chiesa di Dio «con la testa» ed è quella che resta sempre lucida e vigile anche in questi giorni di crisi respiratorie e polmoniti. Con il suo modo di vivere questo ricovero, Papa Francesco dà massimo valore agli anziani e ai malati di tutto il mondo, svelando come la minore reattività fisica non sia motivo di abbandono degli stessi.



L’EUTANASIA, LO SCARTO E LA CHIESA FRAGILE: COSA RACCONTA MONS. PAGLIA DOPO LA MALATTIA DEL SANTO PADRE

Essere anziani, essere malati, essere sofferenti, non significa per mons. Paglia – e per la testimonianza di Papa Francesco, come del resto già comunicarono a loro tempo Benedetto XVI e Giovanni Paolo II – essere automaticamente “scartati”: nessuno deve essere lasciato solo, intima il prelato 79enne, dato che la fragilità è davvero di tutti in maniera diversa nel corso delle proprie vite. L’invito è a contrastare sempre più la cultura dello scarto, immagine usata moltissimo da Papa Francesco per parlare dei drammi come l’aborto, l’eutanasia e il suicidio assistito.

Paglia chiarisce l’equivoco dell’oggi, dove lo scontro e il confronto sul Fine Vita rischia di oscurare un problema ben più a fondo: vi è, spiega il Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, un’eutanasia di fatto “nascosta” che è una mera mentalità di abbandono del malato, che arriva ben prima del potenziale terminare la propria vita ma che mina alla base la possibilità di sostenere e aiutare il malato. Servirà una legge per normare il tema del Fine Vita, spiega Paglia, ma ben prima serve «una legge del cuore e della mente che indichi la prospettiva umana e solidale dello stare vicini». Il tema che accomuna tutti, cristiani e non, è non voler esser lasciati soli, abbandonati, scartati: questo è il vero ostacolo a rimuovere, in quanto molte volte le persone invocano la morte proprio per la paura della sofferenza e dell’abbandono.

In tal senso, quanto Papa Francesco sta raccontando con la sua modalità di vivere così la sua malattia e il suo timore per la sofferenza fisica, è un’enorme catechesi per tutti, anche fuori dalla Chiesa stessa: la fragilità del popolo di Dio e della sua istituzione più Santa non è da nascondere o da condannare, ma è la modalità più piena di vivere tutti gli aspetti della vita, anche quelli faticosi e “scomodi” come l’invecchiare e l’ammalarsi. Guardare e imparare da Bergoglio, Ratzinger e Wojtyla – conclude Paglia – è il modo che abbiamo per infondere coraggio e determinazione a tutti i malati e anziani di oggi e di domani.