Non se ne può più. I social fanno paura, sempre di più. Per usare una immagine per amanti da film western, sembra ormai di assistere a una stampede quotidiana. Cosa è? Non avete mai visto un film di John Wayne o letto un albo di Tex Willer. Una stampede era chiamata la fuga impazzita di una mandria di buoi e mucche che travolgeva tutto e tutti coloro che trovava sul suo percorso. Ecco, i social sembrano una stampede dove hanno sciolto le briglie a chiunque con libertà di travolgere i partecipanti. Quello che ne fa le spese è la libertà opinione.
L’ultimo a pagarne il prezzo è Winston Marshall, membro della band inglese di successo planetario Mumford and Sons, che ha abbandonato dopo aver contribuito a fondare nel 2007, da quando si esibivano nei minuscoli pub di Edimburgo e Londra agli stadi e alle arene di tutto il mondo. Perché lo ha fatto? Tutto è cominciato lo scorso marzo quando Marshall ha postato un tweet in cui faceva le sue congratulazioni allo scrittore americano Andy Ngo, per il suo libro Unmasked: Inside Antifa’s Radical Plan to Destroy Democracy: “Congratulazioni @MrAndyNgo. Finalmente ho avuto il tempo di leggere il tuo importante libro. Sei un uomo coraggioso”. Che c’è di male? Apparentemente nulla, se non fosse che quello scrittore nei paesi anglosassoni è considerato più o meno un fascista: il libro in questione è una forte critica dei movimenti di estrema sinistra americani, ma soprattutto è molto critico del multiculturalismo e della penetrazione islamista nei paesi occidentali. Ngo è figlio di genitori vietnamiti che fuggirono con i dimenticati “boat people” nel 1978 dal loro paese con l’instaurazione della dittatura comunista dopo che erano stati rinchiusi nei famigerati “campi di rieducazione” marxisti. Una cosa o due del comunismo sembra che le sappia, ma non basta. Politicamente di destra, è stato regolarmente picchiato a comizi vari da esponenti di sinistra.
Tornando al post di Marshall, migliaia di persone hanno replicato insultandolo dandogli del fascista. “Nulla potrebbe essere più lontano dalla verità. Tredici membri della mia famiglia sono stati assassinati nei campi di concentramento dell’Olocausto. Mia nonna, a differenza dei suoi cugini, zie e zii, è sopravvissuta. Io e lei eravamo vicini. La mia famiglia conosce dolorosamente bene i mali del fascismo. Per non dire altro. Chiamarmi “fascista” è ridicolo oltre ogni immaginazione” ha scritto Marshall. Pensavo che il mio fosse un post innocuo come tanti, ha aggiunto, di poter esprimere il mio parere.
Passano alcuni mesi e adesso Marshall annuncia di lasciare il suo gruppo. La causa, dice, è che anche loro sono finiti nel mirino di chi lo attacca. Tutto fa zuppa, per certa gente. Ma i suoi amici gli hanno chiesto di restare: “Ci voleva coraggio, soprattutto nell’era della cosiddetta “cancel culture” la cultura dell’annullamento. Mi sono scusato pubblicamente e ho accettato di fare un passo indietro temporaneo”. Non è bastato. “Sono seguiti articoli diffamatori che mi chiamavano “di destra” e simili. Anche se non c’è niente di sbagliato nell’essere conservatore, quando sono costretto a etichettarmi politicamente mi sposto tra “centrista”, “liberale” o il più onesto “bit this, bit that” (un po’ di questo e un po’ di quello, ndr). Essere etichettati erroneamente dimostra solo quanto sia diventato binario il discorso politico. Avevo criticato la “sinistra”, quindi devo essere di “destra”, o almeno così va la loro logica”. E’ qualcosa che in Italia sin dagli anni 70 sappiamo bene. Per restare nel campo della musica, Lucio Battisti veniva definito, in quella decade “rivoluzionaria”, un fascista perché faceva solo canzoni d’amore e non politicamente impegnate.
Marshall ha preso la decisione più difficile: per difendere il suo diritto alla libertà d’opinione ha lasciato la cosa che amava di più e che era anche il suo lavoro, la band. Qualcosa di assolutamente inedito e che dovrebbe far riflettere. Dice, potrei restare con loro e auto censurarmi, ma danneggerebbe il mio senso di integrità: “L’unico modo per andare avanti per me è lasciare la band. Spero che, prendendo le distanze da loro, sarò in grado di dire quello che penso senza che loro ne subiscano le conseguenze. Me ne vado con l’amore nel cuore e auguro a quei tre ragazzi solo il meglio. Non ho dubbi che le loro stelle brilleranno a lungo nel futuro”.
Winston Marshall continuerà a fare musica e a sostenere l’organizzazione che ha fondato, Hong Kong Link Up, che dà sostegno a quanti stanno fuggendo dalla ex colonia inglese adesso che Pechino l’ha assorbita totalmente nel suo regime dittatoriale e cercano scampo nel Regno Unito. Applausi, Mr Winston Marshall.
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