Sgombriamo subito il campo, non è un remake. Parliamo di Piedone – Uno sbirro a Napoli, miniserie in quattro puntate (trasmesse il lunedì) su Sky e Now, dei veri e propri film con durata di ottanta minuti ciascuno. Niente a che vedere con Piedone lo sbirro (1973) e sequel con il grande (in tutti i sensi) Bud Spencer. Giusto così, avrebbe corso il rischio di essere una caricatura e invece ha una sua dignità.
Il protagonista è l’ispettore Vincenzo Palmieri, allievo e figlio spirituale del vice commissario Rizzo (detto Piedone per la mole), grande e grosso come Bud, con barba e atteggiamenti simili. Nelle sue vesti c’è Salvatore Esposito che da Gomorra compresa in poi ha avuto una crescita attoriale esponenziale.
All’Interpol in Germania per quattro anni, torna nella sua Napoli e viene assegnato al presidio del porto sotto la guida del commissario Sonia Ascarelli (Silvia D’amico), rigida e formale che non sgarra nessuna regola per alcun motivo. Tutto il contrario il nostro nuovo Piedone, che conosce il modo di pensare e di agire degli indigeni, lui, nato e vissuto al quartiere Sanità. Sono proprio i modi informali e le sue vecchie conoscenze che lo aiutano nel risolvere i casi a sé stanti di ogni puntata. È considerato indisciplinato, scorbutico, ma oltre alla conoscenza del territorio ha talento. E il suo capo teme i suoi modi spicci, ha paura che combini casini non rispettando le regole ostacolandole l’aspirazione ad andare all’Antimafia.
Di contorno abbiamo l’ispettore aggiunto Michele Noviello (Fabio Balsamo), possiamo dire un discendente erudito del brigadiere Gaetano Caputo (il bravissimo Enzo Cannavale) sodale di Bud nei film di Piedone.
Il filo conduttore della serie è la vita di Palmieri: da ragazzino hanno ucciso i suoi genitori e ha deciso di cercare la verità entrando in Polizia sotto l’ala amichevole del commissario Rizzo. È tornato a Napoli per una soffiata: un narcotrafficante della città scappato e morto all’estero sembra invece vivo, vegeto e tornato in Italia. Palmieri per suo conto inizia a indagare e questo è il filo rosso delle quattro puntate perché c’entra con il suo passato.
Ogni puntata (finora ne sono state trasmesse due) ha verticalmente una storia con tanto di omicidio, indagini e risoluzione del caso, tutto alquanto attuale. Malasanità e uccisione di un povero lettighiere africano nella prima puntata; giovani ragazze nel turbinio della polvere bianca, revenge porn e social nella seconda. Non mancano i vari politici influenti di turno. Gli sceneggiatori hanno attinto a piene mani dalla cronaca nera. Di fatto è la realtà.
Forse alcuni luoghi comuni come l’amico di gioventù pregiudicato, che messosi sulla buona strada ha aperto una palestra di boxe per aiutare i ragazzi randagi del quartiere. Ma questo non disturba la narrazione. Disturba a mio avviso nella seconda puntata il lesbismo forzato di due adolescenti, inserito ormai da tutte le parti come pensiero comune.
Una buona serie tv poliziesca senza nessun macchiettismo per ricondurci alla mitica interpretazione di Bud. Lui non si vede mai, a parte in una vecchia foto con gli agenti della sua squadra fra cui Palmieri. Piedone era sempre in completo blu con camicia, mentre l’odierno ispettore ha sempre il suo giubbetto di pelle (lo indossa anche nelle altre serie) e gli occhiali da sole (anche quando piove) che lo contraddistinguono.
E le botte alla Bud? Le vediamo nel secondo episodio, poche e vere girate direttamente al rallenty. Altre le vediamo sul ring. Palmieri da ragazzino era appassionato di wrestling e per risollevare le sorti della palestra dell’amico sale sul quadrato travestito da wrestler sotto gli occhi del commissario.
Cronaca reale, Salvatore Esposito truffato per centomila euro, ha denunciato un suo socio in un’impresa che si occupava di gestire nuove promesse del calcio, Titoloni dei media, Genny Savastano imbrogliato. Ci penserà l’ispettore Palmieri detto Piedone?
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