Maturità 2025, traccia svolta A1: lo svolgimento dell'Analisi del testo di Pier Paolo Pasolini tratto da “Appendice I - Dal diario"

Prima Prova della Maturità 2025: ecco qui di seguito la traccia svolta per l’Analisi del Testo A1, il brano di Pier Paolo Pasolini tratto da “Appendice I – Dal diario”. Per leggere le altre tracce svolte della prima prova ecco la diretta live dell’Esame di Maturità 2025 su “IlSussidiario.net”



Comprensione e analisi

Pasolini, nella sua stanza, si accorge che il mondo, ai suoi occhi, non brilla più: intorno a lui niente è cambiato, ma “è mutato il cuore”: nel tempo si è indurito e neanche la luce di “mille lune” è bastata a illuderlo di appartenere a quel “medesimo mondo”. Guardando la luce stanca della luna in campagna, ecco che questa “pare farsi nuova” e, all’improvviso, i grilli tornano a intonare “il canto antico”.



La poesia è dominata dai contrasti. Annotta da millenni un medesimo mondo, ma quel cielo è pregno della luce che riarde la campagna. Ma quella luce, dopo poche notti, diventa stinta, e la campagna, ora, è scura e serena. E quando la luna pare “inesistente nella stanca luce”, ecco che si fa nuova.

Ma quelli che sembrano cambiamenti del mondo esterno sono dovuti a un mutamento del suo cuore.

Questo concetto è messo in risalto dal rapporto tra il terzo e il sesto verso: spezza “non muta il silenzio” e “Ma è mutato il cuore”, esaltando il contrasto tra l’immutabilità e staticità della natura e l’inquietudine del suo cuore che lo porta a cambiare continuamente sguardo sulla realtà. E anche quando nei suoi occhi la luna torna a brillare e si accorge del canto dei grilli, sa già che non acquieterà il suo cuore.



Riconosce la bellezza della luna e la ammira, ma sa che, per quanto sia perfetta, rimane un inganno, rimane l’illusione di essere parte di un “tempo” che, però, non gli appartiene.

Il canto quieto dei grilli è antico, lontano, gli lascia solo la nostalgia di qualcosa che possa veramente calmare l’inquietudine del suo cuore.

Pier Paolo Pasolini, regista e poeta (ANSA)

Interpretazione

La natura, il mondo che ci circonda, da sempre rappresenta per l’uomo una miccia per far esplodere la domanda di senso: l’uomo si sente una nota stonata nell’armonia della natura e cerca disperatamente un posto nel mondo, qualcosa che possa riempire quel vuoto incolmabile. Pasolini sa che la luna, per quanto sia bella, non potrà mai rispondere alla domanda “chi sono io? A cosa sono destinato? Che senso ha la mia vita?”. Cerca di aggrapparsi a quell’ingranaggio perfetto che però, per sua natura, non può accogliere l’inquietudine fondante di ogni uomo.

Montale, nella poesia I limoni, davanti all’albero in campagna, sente piovere “in petto una dolcezza inquieta”, in cui è contenuta tutta la sua umanità e viene posto di fronte alla stessa domanda che si riaccende in Pasolini guardando la luna.

È l’odore dei limoni che dona “anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza”.

Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s’abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità. […]

Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rumorose dove l’azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase. […]

Anche per Montale, quindi, quella dolcezza è “inquieta”, perché coesiste con la rassegnazione al fatto che la domanda che nasce non può trovare risposta nella Natura.

La possibilità di trovare l’anello che non tiene e che ci permetta di raggiungere la Verità è destinata a rimanere un’illusione.

È quel vuoto incolmabile di cui parla Wallace, intrinseco nella nostra natura. Possiamo anche provare a nasconderlo riempiendoci di cose da fare e accontentandoci di piccole soddisfazioni passeggere, ma è solo una trappola.

Davanti alla disillusione possiamo anestetizzarci come consigliava Baudelaire:

“Bisogna sempre essere ubriachi. Tutto qui: è l’unico problema. Per non sentire l’orribile fardello del Tempo che vi spezza la schiena e vi tiene a terra, dovete ubriacarvi senza tregua. […] Per non essere gli schiavi martirizzati del Tempo, ubriacatevi, ubriacatevi sempre! Di vino, di poesia o di virtù, come vi pare.”

L’anestesia, però, non potrà mai rappresentare una soluzione: non è possibile cancellare la domanda perché, anche se la luce della luna sembra spenta, può riaccendersi improvvisamente.

Ma se non c’è risposta, che senso ha portare con sé la domanda?

Negando lei, negheremmo la natura umana.

Smetteremmo di vivere, accontentandoci di sopravvivere, non rincorrendo nessun ideale, ignorando i fremiti del nostro cuore.

Pasolini sa che cercare la risposta si rivelerà un labirinto senza uscita, ma è consapevole che quella domanda di senso è ciò che mantiene il suo cuore vivo, umano, inquieto.

E noi vorremmo avere un segreto da svelare alla fine di questo testo, ma purtroppo abbiamo solo tante domande e nessuna risposta.

Ma allora perché due studenti universitari in sessione dovrebbero togliere tempo al loro studio per scrivere questo testo?

Proprio per tenere fede a quella domanda che ci muove il cuore e a cui proviamo a cercare risposta in ogni cosa che facciamo.